24/02/11

Il ruolo del web in nord Africa

disordini in Libia









Due pensieri veloci su cosa sta succedendo al di la del mare

Sono giorni che ci arrivano notizie, lascerei da parte qui volutamente gli aggettivi, intorno a quello che sta avvenendo dall’altra sponda del Mediterraneo.

Siamo assorti nei nostri, rispettivi, quotidiani. Queste storie ci arrivano e ci svelano l’incapacità di incasellarle come il nostro automatismo ci ha abituato a fare davanti, che so, ad una sciagura (tsunami, terremoto, conflitto) che arriva da un altro capo del mondo.

Stavolta lo spettacolo ce l’abbiamo sotto i piedi. A due passi da noi.
E’ già successo, è vero. Ai confini terrestri. Quindi saremmo in un certo senso allenati avendo assistito a quanto e’ successo, giusto pochi anni fa, nella ex Jugoslavia.

Eppure, mai come questa volta lo scenario ci impone di prendere atto che si tratta di una cosa diversa. La dove ad accendere la rivolta e la violenza sono state le odiose motivazioni etniche, qui assistiamo ad una sollevazione dettata dalla necessità di porre fine a regimi fortemente caratterizzati da personalismi. Le figure cadute erano al potere da decenni. Non sappiamo quanto l’insofferenza sia cresciuta in tutto questo tempo. Di certo ad accendere la scintilla stavolta è stato un insieme di motivi, fra i quali voglio mettere (da inguaribile ottimista quale sono) anche la potenza, il ruolo giocato dal web.

Dove la censura ha potuto edulcolorare scenari idilliaci, intrisi di aspetti messianici, la rete ha fatto piazza pulita di qualsiasi ostacolo, contribuendo, quasi in modo virale, alla diffusione delle informazioni. Cosi un cittadino libico ha potuto apprendere di quanto accaduto a due passi da lui, in Egitto, giusto poche settimane fa, e ancora, fare cassa di risonanza per renderlo edotto di tutto ciò che accadeva, e accadde, nell’area.

Ecco, la nostra indifferenza si scontra o non considera appieno ancora la potenzialità di questa grande invenzione, capace, quasi da sola, di regalare, col fatto stesso di informare (lasciamo perdere qui il derivato dei commenti, atteniamoci alla fornitura dei fatti) di aprire, la dove sembrava impossibile, elementi di conoscenza, di consapevolezza.

Condivisione. E’ questa la parola chiave. Condivisione in luogo di un’elargizione monodiretta, ridicola (ma nonostante ciò, mortifera ugualmente) riedizione del già visto minculpop. Condivisione che scardina regimi, assetti sociali improntati ad un antistorico e inattuale accentramento di potere (in questo caso di controllo dell’informazione). Depurata da tutte le tare, e i rischi di imprecisione, dovute alla proliferazione incontrollata di notizie, lo storytelling stavolta è l’arma di cui si riappropriano categorie desuete come le masse, che saranno ancora care alle vecchie scuole di sociologia, ma che si rivelano drammaticamente inadeguate a concepire il presente.

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