27/04/12

...e grazie per tutto il pesce (To Rome with love)

Sono prevenuto ? si, lo sono. Cosi sgombriamo subito il campo da ogni qualsiasi inutile equivoco. Lo sapevo, me lo ero ripromesso, ne avevo già detto. Non voglio più andare a vedere un film di Woody Allen. Eppure ci ricasco. Ogni volta è cosi. Pena il dover rompere con l’amata. Non pago delle delusioni patite (l’ultimo degno di nota rimane Match point, infatti degenere, e Vicky Barcellona e socosaltro…).

Ieri sera staccato il biglietto. Spettacolo a tarda sera (mai fare quest’errore…). Poltrone scomode, nonostante sia un multisala molto gettonato. Comincia il film, dopo la consueta sequenza di spot interminabili (che per favore, e magari, ha anche stufato). La storia sembra volersi ammantare di credibilità ricorrendo all’abusato strumento della voce narrante (che poi, dev’essere un tic dei recenti film dei registi americani, pazienza se sparisce per riapparire alla fine).

Uno strazio, poche le battute (alcune, poche che riescono a scuotere il torpore di un onanismo fine a se stesso), narrazione come si usa, a grappolo…tante microstorie che si dipanano…esercizi di postlavorazione, elegia del montaggio. Per il resto il vuoto totale. Un depliant di Roma. Dove una Roma da cartolina fa da sfondo inconsapevole allo sguardo di un regista spento, prigioniero del suo modo di girare, che ricorre ai soliti cliché la coppia in crisi, la parodia sulla psicoanalisi, proprio a volerlo riabilitare, un tentativo goffo di rifare Fellini che è bene però subito dimenticare.

Una lagna, a stento sono rimasto sveglio, non riuscendo a stare dietro al rimestamento soporifero di tutto l’armamentario alleniano. Ora mi chiedo, tenuto conto che non ci fa fare nemmeno una bella figura (pervaso com’è di quel birignao che vorrebbe- non senza una qualche ragione- stigmatizzare tanti tic nostrani), l’incedere su uno stereotipo o risponde ad esigenze di cassetta (qualcuno ne dovrà pur parlare, qualcuno ne dovrà pur dire bene) ma chi me lo ha fatto fare ?

Dopo la marchetta di Benigni da Fazio, con spezzoni sapientemente estratti da un polpettone lungo quasi due ore, ci si aspetta un colpo d’ala, un ritorno al cinema che pur ci ha fatto amare. Macchè, esci dalla sala col sospetto di esser stato preso per culo per benino. Lo vedi ? Sono Woody Allen, riesco, come i vostri politici, a fare un discorso di due ore, senza dire assolutamente niente.

Lo giuro, è l’ultimo. Grazie di tutto, Mr. Allen, per quel che mi riguarda è davvero tutto.

Altre pellicole del "Maestro" alle quali non mi sono sottratto (ma delle quali ho scritto): qui, qui e qui

01/04/12

Candid camera (nei pressi di Bari)

autogrill












Fare 1500 km in un paio di giorni. L'Italia la puoi assaggiare anche cosi. Complice un clima da primavera inoltrata, col pretesto di una riunione di lavoro, ti imbarchi in auto con due colleghi alla volta del Salento.

Ieri, al ritorno, imbocchiamo l'autostrada (verbo pessimo, che rimanda ad infanti recalcitranti all'assunzione di cibo appositamente confezionato) dal casello di Bari.

Pochi chilometri dopo c'è un'area di servizio, la prima. Dobbiamo fare pipì, con l'occasione (siamo a mezzogiorno inoltrato) cercare anche qualcosa da mettere sotto i denti.

Entriamo nel piazzale antistante l'autogrill. Deserto. La delusione comincia a prendere possesso delle nostre espressioni. Vuoto. Nemmeno l'ombra di un furgone, rumeno o no che sia. Non un camion (d'accordo, è sabato e in genere non circolano: ma sostano si, in genere. Vuoto anche il piazzale attiguo dove sostano i TIR. Una scena surreale. C'e' il sole, è ora di pranzo. Vuoi vedere è chiuso per ristrutturazione ? Un pesce d'aprile gigantesco ? Ma oggi è ancora il 31 marzo...

Un collega, dotato di vista migliore della mia, ci rincuora...ma no, guardate, le luci dentro sono accese. Increduli scendiamo, parcheggiando anche senza troppa cura: fa effetto qui, che quando mi ci fermo (vado spesso da quelle parti) non trovo posto tante le auto che affollano i parcheggi.

Entriamo, in punta di piedi nel locale, nemmeno fossimo nell'albergo di Shining, giriamo il tornello, è tutto a posto. Ci sono i giornali di oggi (tracce di segni di attualità che scacciano la sensazione del viaggio a ritroso in una qualche dimensione temporale parallela). C'è anche una cameriera, in là con gli anni, che sembra accoglierci come un qualcosa che significhi per lei la giustificazione di uno stipendio. C'e' anche un altro cameriere. Simpatica la scenetta...mentre uno si appresta alla cassa (desolatamente vuota) andiamo tutti, dando priorità, alla toilette.
Torniamo nel locale, vagamente rinfrancati e bendisposti verso la vita e le sue incredibili sfumature. L'ordinazione è un gioco da ragazzi...scegliamo un panino da dividere a metà (tutti vagamente reduci da giorni di pasti nei quali abbiamo mangiato l'impossibile..è solo voglia di uno spuntino, e il colore vivo della lonza è troppo “vero” per restare indifferenti). Prendiamo da bere, e tutti e due, l'uomo e la donna con la divisa come in un quadro di Hopper si prodigano al nostro benessere.

Fatale scambiarci due battute. Avevo pensato, le dico, arrivando, che fosse una candid camera...tutto il parcheggio vuoto...fuori nessuno....
La signora comprende l'humor e con fare sconsolato sta al gioco: “qui è una candid camera tutti i giorni: c'è crisi”.
Conveniamo che il perdurare della situazione si traduca in un rischio importante del mantenimento del posto di lavoro.
C'è una sorta di rassegnata compostezza. Lo sappiamo entrambi. E ce lo diciamo con un'occhiata senza altri commenti, mentre mi ridà il resto.