Avati è rassicurante.
Da anni ci propina sempre lo stesso film, con una bravura unica.
Come quei vecchi cuochi incalliti, che senza un sussulto preparano sempre con gli stessi ingredienti la stessa solita minestra.
Non sfugge a questa regola anche il suo recente Il cuore grande delle ragazze. Fiaba ambientata, manco a dirlo, nella campagna emiliana, e insistente su usi e costumi delle famiglie ivi residenti. Stavolta l’obiettivo si sofferma sulle relazioni. La politica, guarda caso sono gli anni del “regime” (o nelle immediate vicinanze), fa da semplice sfondo. Si parla invece dei rapporti fra famiglie, fra la parodia della borghesia latifondista e il compassionevole sguardo sul proletariato totalmente irretito e soggiogato dal ruolo della prima.
Per il resto c’e’ sempre Cavina, stavolta Cesare Cremonini (ecco un altro pregio di Avati – l’unico ?- quello di saper far recitare gente come Ezio Greggio in modo E-greggio anch’esso) e una conturbante Micaela Ramazzotti.
Che dire ? Esci dal cinema con evidenti crisi di collocazione….Sarà la vecchiaia, ma ti rivolgi alla tua bella ed esclami…”ma non l’avevamo già visto ?”.
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