06/11/12

Due note al volo intorno al tema della musica Jazz.



















E’gran bagarre intorno alle dichiarazioni attribuite all’attuale Ministro della Cultura che ha definito la musica Jazz non appartenente alle nostre radici.


L’affermazione del Ministro Ornaghi suona, alla luce della contingenza economica che ha dettato lo stop ai finanziamenti ad Umbria Jazz Winter, come la classica pezza peggiore del buco.


Il governo cosi lesto ad alzare le pensioni, la corte costituzionale cosi sensibile alle ragioni di chi, guadagnando dai 90000,00 euro/anno nel pubblico impiego, dal cancellare il pur irrisorio contributo di solidarietà, ha perso un’altra occasione per tacere.


E’ vero che le radici di questa musica non ci appartengono, ma sostenere questo come motivazione all’interruzione di finanziamenti di manifestazioni al Jazz dedicate significa, sostanzialmente, non riconoscere cosa è diventata oggi la musica. Credo che al ministro sia del tutto estranea la tendenza al sincretismo, quella forza centrifuga che oggi corre da un lato all’altro del pianeta, contaminando, reinventando, in un naturale processo di sviluppo, la cosa che meno di tutte conosce confini: il suono.


Cosi il jazz, piuttosto che la classica, o ancora il Rap o il R&B rappresentano semplicemente l’uomo, la sua maniera di manifestare la sua essenza, attraverso le note. Proprio ieri si parlava di Zawinul. Per definizione era un’apolide. Sorriderebbe a leggere le dichiarazioni di Ornaghi. Poi, scrollando le spalle continuerebbe a fare quello che ha sempre fatto: conoscere, sperimentare, aprirsi all’incontenibile bellezza della musica, facendosi beffe dei commenti oscurantisti e tardo-protezionistici.


Nemmeno De Gaulle, cavalcando lo sciovinismo che lo pervadeva, sarebbe arrivato a tanto. Ornaghi, corregga, trovi un’altra motivazione ad una banale questione di indisponibilità finanziaria. Ma lasci stare la faccenda delle tradizioni. Almeno quando parla di musica.

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