15/05/13

ONDE ROD, il film di Mario Pischedda













Itaca, o il ritorno.
Ho appena finito di vedere (si, non ce l’ho fatta, l’ho dovuto vedere, intanto da solo) ONDE ROD, il lungometraggio di Mario Pischedda.
La tenerezza, del temporale finale. Una poetica liquida, come quella della Pioggia, che spazza via tutto.
Girato a bordo di auto che solcano le strade della Sardegna. Un docufilm? Non proprio. L’estrema varietà delle presenze, i dialoghi (spesso monologhi) di tante persone chiuse in un microcosmo con le ruote.
Non è Cortazar, nemmeno Eisenstein. E’ altro. 

Un sovrapporsi affastellato di voci, spezzoni, inquadrature.
E’ il fluire della vita, ciascuno con la lettura che dà di essa. Tutte perfettamente decorose. Ciascuna tendente alla verità che tutti abbraccia e consola. La terra di Sardegna. Certi suoi scorci lunari. Dove anche tracce della contaminante “modernità” proprio non ce la fanno ad omologare un paesaggio, che rimane a sé, restio a farsi omologare, compiaciuto della sua asprezza. ONDE ROD è questo. E’ una lacrima che sta per uscirti sul volto di una donna bellissima e silente, che va incontro alla notte. E’, per dirla in altre parole, poesia. Poesia dell’immagine. E di questo nostro tempo, a volte così triste. 

C’è una sequenza bellissima verso il finale. C’è un gran temporale, i fari che illuminano una strada (lo percepiamo dai catarifrangenti ai bordi) e dai “frattali” che la pioggia disegna sul parabrezza che avanza, con pigrizia rara). Un novello Ulisse, per chilometri, al buio, illuminati solo dai fari dell’auto, con la musica ipnotica di Fresu di sottofondo.  Alla fine di una serie di curve, il bagliore. Una luce-Penelope che si staglia davanti agli occhi, con autorità, mettendo per un attimo il buio in castigo. Itaca a portar via, il viaggio, il ritorno. 

E’ bello questo film di Mario. E’ da vedere. E da lasciar decantare.
Come un buon vino, ha bisogno di aria.
Regaliamogliela, facciamolo girare.
Grazie Mario, di cuore.


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