05/10/15

Fenomenologia della pulsione urinaria.

Da giorni sta “passando” (tranquilli, è un gerundio) in tv uno spot che sulle prime mi ha sconcertato nel tentativo di comprenderne la logica sottesa.






Lo spot, ambientato in una camera da letto, vede nell’ordine:
una sveglia che segna l’ora (ovviamente diversa ad ogni inquadratura), una moglie distesa a letto e dall’espressione via via più incuriosita, con un vago accenno, peraltro molto contenuto, di incazzatura. E poi c’è quest’uomo, in un pigiama, che esclama all’indirizzo della moglie esterrefatta, frasi tipo “ho sentito un rumore…”, “…avevo sete”, “qualcuno (chi? Vivono da soli? Hanno figli in casa? Sono entrati i ladri?) ha lasciato la tivu accesa” e ancora il più classico “…ho sentito un rumore strano”.

La narrazione dello spot cambia inquadratura. La scena è della moglie che esce (o entra non ricordo) da una farmacia con un medicinale per curare la prostata (e immagino contenere la pulsione a urinare frequentemente soprattutto la notte).

Happy ending, lui porta un vassoio con la colazione a letto (la camera, va detto, stavolta è ovviamente illuminata dal sole del mattino)…e pronuncia qualcosa di carino (che pretende di essere spiritoso).

Ora. Mi sono chiesto cosa intendesse. Quale fosse il sottotesto. No, non sono ancora del tutto rincretinito. Ho delle ottime chances, ma non è ancora il momento. Ho faticato a comprendere la sequenza di frasi dell’uomo. E alla fine credo di esserci arrivato.
Quell’uomo, profferendo quelle frasi (ideate da un criptico copy) sta semplicemente scusandosi. Si sta scusando con la moglie per le frequenti “visite al bagno” per fare plin-plin.
Lascia intendere che ci sia della vergogna, dietro.

Guardiamola, proviamoci, dal punto di vista di “lei”. Questa donna ha un marito con un problema. Ok. Ammetto che se hai il sonno leggero ti può rompere le balle essere svegliato/a nel cuore della notte enne volte, quale che sia il motivo.

Ma se gli scappa di fare pipì è una malattia? E’ una cosa di cui vergognarsi? E perché?
Probabilmente una moderata assunzione dei liquidi aiuterebbe a contenere questi tour della liberazione.

Le ipotesi, le soluzioni.

La più ovvia: dormire in camere separate. Casa permettendo, ovvio. Vuoi mettere la libertà di fare quello che si vuole senza infastidirsi a vicenda? (puoi leggere, scrivere, guardare la televisione, dormire, russare se del caso) senza che ciò arrechi disturbo.

Parlarne con il partner. A volte il dialogo scongiura tragedie, traumi, separazioni. Sei un aficionados “delle tavoletta alzata”? Ammettilo, fai “coming-out”, liberatene, vivi meglio insomma questa naturale pulsione che gli altri vogliono demonizzare, pur di vendere qualche pillola magica che ti trasforma di colpo in una di quelle piante da interno che vanno annaffiate a ritmi equinoziali.

A che pro? Anni e anni di liberazione sessuale, l’emancipazione della donna trasfusa nella narrazione spottistica, ad una posizione subalterna, di vessazione, impossibilità ad espletare una funzione altrettanto naturale come quella di dormire, se possibile indisturbata, una manciata di ore per notte.

E’ veramente triste, raccontare l’intimità di una coppia in questo modo. L’orizzonte è il pannolone (magari dispensato dal Servizio sanitario nazionale, tagli o non tagli). Ma lo spot è fastidioso al di la della sua reiterazione. Fa il paio con un altro, fortunatamente sparito dagli schermi, cui sarebbe spettato, in un ipotetico festival del cattivo gusto, il premio dei premi, il “certain regard” della cafonaggine nella quale si faceva insistito riferimento “alle perdite di urina” e agli immancabili “cattivi odori”.

Come me, immagino tanti altri, magari in quel momento stanno spalmando marmellata su una fetta biscottata e non ha alcuna voglia, nemmeno immaginaria, di vedersi riproporre temi che un briciolo di buon senso vorrebbe tenere fuori dall’esplicito di uno spot per quanto paraculo e accattivante possa essere stato pensato e realizzato.

In altre parole. C’è un limite che nessun codice potrà mai incaricarsi di stabilire, ma che attiene alla sensibilità di ciascuno. Quello di non vedere “sdoganate” funzioni corporali sulle quali, non a caso i nostri nonni, avevano un bel tacere o facevano ricorso a garbati giri di parole (di cui peraltro la lingua italiana è feconda fucina), senza che vengano sfruttate in modo cosi esplicito e volgare dalla sacrosanta esigenza di comunicazione di questa o quella casa farmaceutica (o di sussidi terapeutici, assorbenti et similia).

Adesso, scusatemi, vado al bagno.

PS. Sul punto, e solo vagamente in argomento, si veda una sequenza spassosissima nella sua tragicità, di un film interpretato da Jack Nicholson, credo si chiami “A proposito di Schmidt”. C’è lui che, freschissimo vedovo, va in bagno per fare pipi. Sta per “abbassare la tavoletta” e mettersi seduto per farla…quando gli sovviene il suo attuale stato civile e con un gesto di liberazione si alza, si mette di spalle alla macchina da presa e con un sospiro di sollievo si occupa dell’operazione come da chissà quanto non faceva,  lasciando intuire allo spettatore mediamente attento quanto vessato fosse fino al momento. (per la scena, andare al minuto 40:50 del film, qui- ).

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