10/01/10

Rivoluzione, ma alla radio.












E’ fatta, da lunedì con gran sfavillio di voci e luci, la radio nazionale, con la motivazione di cercare di riguadagnare ascolti e rinverdire i magri introiti pubblicitari erosi da più aggressivi network, ha deciso di rifarsi il look e chiamare a sostegno un nutrito gruppo di “soliti-noti”.

Sulla capacità di fare cassa dei “soliti-noti”, devono aver preso spunto da quanto avviene nel mondo dell’editoria: basta farsi un giro fra i banchi di una qualsiasi libreria per accorgersi che l’ansia di apparire genera volumi su volumi, e che le vetrine sono invase da testi (scritti da loro ?) di calciatori, cantanti, nani e ballerine. Non paghi della visibilità di cui godono in tivvù, dei prestigiosi cachet che gli giungono da spot che non disdegnano di fare, ce li ritroveremo, da lunedì, anche alla radio.

Singolare, come detto, la motivazione di questa che con molta enfasi è stata chiamata “rivoluzione”:
gli ascolti calano. Ecco quindi che l’idea di ricorrere ai volti noti, deve essere apparsa come quella di chiamare i ghost-busters in una città invasa dai fantasmi.

Sono un consumatore occasionale della radio. Quando sono in auto, nell’allegro traffico della città, ricorro a questo strumento per tentare di lenire il giramento di coglioni. Evito però accuratamente di farlo intorno alle 15 di pomeriggio. E questo per fare si di non farmeli girare a velocità stratosferica.
A quell’ora, su radio uno, ci sono due personaggi (di cui uno abbondantemente in pensione già da anni e ansioso di portare la minestra comunque a casa lo stesso, a sera, della serie “non siamo un paese per giovani”) il cui umorismo può esser definito con molta generosità “da caserma”, se la ridono e se la cantano, in un festival di doppi sensi, trivialità, presunte battute intelligenti, al punto che devo spegnere la radio e corroborarmi con del sano blues, magari di qualche cd o su altre stazioni.

Perché mi ostino a sentire la radio ? (in particolare radio uno). Semplice, ci sono i notiziari sul traffico ed è l’unica che, grazie ad una tecnologia di cui ormai dispongono anche i cocomeri, è capace di silenziare qualsiasi altra attività dell’autoradio per consentire di ascoltare “Onda verde”.

La radio, ho letto, conta circa 6 milioni di ascoltatori al giorno. La rete di punta è Radio Uno.
Radio due è stimata settima (nel corrispettivo dell’auditel televisivo), rai tre è la radio “culturale”, non la disdegno, e anche su questa i rampanti dirigenti Rai hanno intenzione di operare forti correzioni ai linguaggi, cercando di renderli meno “solipsistici”, come si usa dire adesso.

Entro il 31 gennaio la Rai vuole circa 110 euro da me, come da milioni di altri concittadini. Va bene. Nulla mi riesce a fare incazzare di più come la consapevolezza che codesti soldi vadano a remunerare gente che non sfigurerebbe nelle più sfigate radio private di periferia. La ciliegina sulla torta è la speranza che costoro siano anche in grado di “alzare gli ascolti” (leggi: attirare sponsor e generare altro utile).

Domanda, cosa c’è di servizio pubblico in tutto questo ?

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