Volendo volgere lo sguardo altrove…
Questa storia del Corano bruciato. L’immagine del reverendo souncazzocomesichiama (cosi i motori di ricerca non faranno fatica a lasciare in pace queste pagine) con i suoi bei baffoni da birraio depresso di Upsala, fanno il giro delle tivu del mondo. Di tutto, il mondo.
Una notorietà cosi, ci sono Aziende, che per averla dovrebbero sborsare l’equivalente di una finanziaria. A costui no. Gratis.
Fatale che sul suo passato si siano gettati, con zelo giornalistico (qui si stampa per mesi la storia di un banale bicamere nel Principato) e scoperti altarini vari. Diamo pure per buono non sia uno stinco di santo. Anzi, acclariamolo subito cosi passiamo avanti.
L’oggetto del contendere, posto che sia effettivamente cosi, è il permesso di costruzione di una moschea nei dintorni di quel teatro a cielo aperto, denominato dopo l’11 settembre di tanti anni fa, “ground zero” che nell’immaginario collettivo dell’inizio di questi anni zero, ha simboleggiato l’irruzione di una categoria chiamata PAURA fino allora sottaciuta dietro performance di borsa, azioni di guerra lampo, chevrolet a buon mercato, e prezzo della benza (rigorosamente “a galloni”) definito accettabile.
Sarà la storia a stabilire, se e quanto, la visione ossessivamente ripetuta del simbolo fallico per eccellenza, quello delle due torri che vengono giù dopo il grazioso ingresso degli aerei, costituisca la linea di partenza di un delirio reciprocamente alimentato. Quello che mi piace leggere in questa vicenda è la conflittualità, che non mi va di iscrivere in una cornice religiosa, fra la tolleranza di Obama e l’odio furbo del reverendo.
Due modi di intendere come stare al mondo. A dispetto degli odi (o proprio a causa di essi, della voglia di non alimentarli: i coglioni proliferano indipendentemente dalle latitudini) la prima è figlia di una sorta di real-politic, volta a cercare di dissipare, togliere acqua e non fornire pretesti ad un fondamentalismo fuori tempo massimo (ma ugualmente nocivo: pensare a cosa sarebbe stato se il pischello catturato oggi a Copenaghen fosse riuscito a farsi saltare in aria), l’altra quella di chi (e chi non ci legge certe affinità di casa nostra, su tutte la maglietta indossata da un attuale ministro in carica?) forte del consenso degli strati più retrivi della popolazione, ha ideato la trovata di bruciare il Corano e che sta spopolando sui media di tutto il mondo.
Prim’ancora che inchinarsi alla prima, vedere e prendere nota: in un braccio di ferro come questo, anche i boicottaggi di Hamas ai tremolanti segnali di disgelo fra Israele e i Palestinesi, si iscrivono in un momento della storia nel quale a prevalere dovrà essere sempre più la ragione, per stemperare gli animi, mettere in fuorigioco, gli eterni fautori di guerra.
Bruciare il Corano non è stupido in se. Non offende tout-court gli animi più suscettibili (quante bandiere degli States bruciate in mezzo mondo ? Anche in casa nostra. Per questo dovremmo essere invisi alla comunità “civile” internazionale ?) No, bruciare il Corano offende in primo luogo proprio chi, professandosi uomo di culto (quale che sia) ammette che il contorto disegno di Dio abbia bisogno di una messa a punto. Una revisione che non vale la pena di fare. Continuando a girare su di un vecchio macinino, che prima o poi, in barba (o in ossequio) alle leggi della meccanica (celeste?) si dovrà fermare.
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