Una vita che non andavo al cinema da solo.
Succede che ho qualche ora di tempo. Succede che è sabato pomeriggio, che è presto e che nel multisala danno 4 film. Andare al cinema al buio, senza cioè sapere nulla di ciò che si va a vedere, è una cosa che mi ha sempre entusiasmato. Si, d’accordo, somiglia alla roulette russa, ma almeno, se dopo prendi la tramvata, puoi anche non prendertela, per una volta, con la critica compiacente di qualche cosiddetto esperto di cinema che si guadagna (male) il pane gestendo una rubrica dedicata, fa niente se in tv o sulla carta stampata.
E l’esperimento magicamente è riuscito.
Girato da un esordiente australiano (David Michôd) il film è un piccolo gioiellino.e rimanda già dal titolo a quella vena di apparente incogruenza fra questo e il contesto della storia che narra. Un po’ come faceva Carver coi suoi racconti : Elefante, è un’epifania degli affetti familiari, e il dettaglio del nome di un gioco che il protagonista faceva con il suo babbo da bambino.
La storia in sé è abusatissima. Qui è il modo di raccontarla che ne fa un piccolo cammeo.
Stupendo il montaggio, vera e propria colonna portante del film. Mai didascalico, mai un’indulgere gratuito (come ci hanno abituato cosiddette grandi firme della regia mondiale ultimamente).
Animal Kingdom, è il doloroso percorso di iniziazione alla vita di un adolescente coptato in una famiglia di malavitosi.
La storia è tutta nel conflitto interiore di questo ragazzo (interpretato sullo schermo da un assoluto esordiente di una bravura stellare, James Frecheville) con il mondo nel quale entra in contatto controvoglia, più per vincoli familiari che per reale convinzione.
L’incedere degli eventi lo porterà, non senza dover soffrire, ad affrancarsi da questa dimensione,
e l’epilogo, anche se amaro, rappresenta insieme una condanna a restare inchiodato a quel mondo, ma insieme la biblica liberazione dal male (rappresentato qui da uno zio piuttosto malvagio),
Bella la colonna sonora, le scene, già detto, montate con intelligenza, con scorci di Melbourne molto suggestivi, zoomando su dettagli e allargando il fuoco. Fresco, ben girato, il film, cosi recitavano le didascalie sui manifesti all’entrata della sala, ha vinto il Sundance film Festival di quest’anno, ed è stato definito il miglior film crime australiano.
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