06/01/12

J.Edgard, di Clint Eastwood

Di Caprio nei panni di J.Edgard Hoover

















Uscito ieri nelle sale, staccato il biglietto stasera. Perplesso.
Il marketing ormai può tutto. Il mini trailer mandato a palla da giorni sulle maggiori tv nazionali. E poi, oh: Clint Estwood un nome, una garanzia.

Per quanto il suo ultimo Hereafter non mi abbia entusiasmato (intravedendo piccoli cenni di cedimento nella granitica fiducia fin qui accordate alle opere del “maestro”), ho rilanciato, hai visto mai.
La storia del film ruota intorno alla figura di J.Edgard, indiscusso padre-padrone del Bureau.
Figura narrativamente ricca. Senza dubbio. Ma è il modo nel quale è raccontata ad avermi lasciato perplesso. Un continuo sovrapporsi di spazi temporali, che alla fine snerva, imponendo allo spettatore dosi massicce d'attenzione. E ancora l'abbandono, plateale di uno stratagemma sfruttato dall'ultimo dei registi: quello di utilizzare la figura retorica di un giornalista (scrittore ? Agente dell'FBI con spiccate doti letterarie ?) che ad un certo punto del film sparisce, smettendo di fornire il pretesto ad un flusso narrativo che giustifichi il massiccio ricorso ai flashback.

Appena degno di nota il trucco col quale Di Caprio tenta di essere un credibile sessantenne, pur sostenendo un interpretazione dignitosa, che da sola a tratti “tiene” il film.
Viene il sospetto che non è la storia che manchi al film, quanto la maniera di essere narrata. Tranquilli, c'è chi riscatterà la pellicola in forza della delicatezza con la quale è raccontata la dimensione omosessuale del protagonista, il suo rapporto complicato con la madre. Contorno.

La corsa attraverso il tempo, dagli anni '20 alla fine dei '60, nell'immaginario degli americani è ancora una ferita aperta. Bastava farne un'onesta ricostruzione. Invece il film viaggia sul falso crinale fra l'ambizione di farne un capolavoro e l'incapacità di attenersi anche ad un semplice intento documentaristico. Vedrete, gli daranno l'Oscar. Ma sarà come darlo ad un Minoli nostrano, che almeno con il suo La storia siamo noi, viaggia al cospetto di questo film, molte leghe più avanti.

Astenersi.

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