09/03/12

La ricaduta socialmente utile della recente commedia all’italiana.



























Staccati due biglietti, a distanza di pochi giorni. E’ un periodo che non va, e mi vado volutamente a infognare su titoli che promettono leggerezza, qualche sana risata. Massaggi per il cervello. Decompressione.

Ora, lungi dal voler affettare il tono snobistico di tutta l’operazione, due rapide considerazioni.
Il film di De Luigi (nemmeno ne ricordo il titolo…ma come sto messo ?) ah, si, “Come è bello far l’amore” e l’altro di Verdone “Posti in piedi in paradiso”, sono solo due fra la gran mole di pellicole che, sarà un caso, in tempi grami e bui come questo, si incaricano di far sorridere.

Ricordo ancora la battuta di un Nanni Moretti avvelenato..all’indirizzo di un gestore di un bar che stava per chiudere la saracinesca….”…ve li meritate i film di Alberto Sordi”.

Una domanda è: è lecito abbandonare il criterio della qualità ? Siamo nei dintorni di un manifesto del disimpegno ? Entrambi i film, in modo diverso, si incaricano di indagare nei fenomeni sociali.
Il primo, quello di una coppia in crisi di appetiti sessuali. E ci lavora sopra, maramaldeggiando su facili costumi, ipocrisie, scorciatoie…insomma ne ha da pescare…nel mito del macho italiano.
L’altro, quello di Verdone, attinge al dramma dei padri separati (e squattrinati). Verità, quindi, come base di partenza. Il primo indugia sulla sessualità della coppia, l’altro su un fenomeno sociale del quale pare se ne sia accorto anche l’Istat.

La valenza dell’ironia è risaputa. Medicina in grado di farci digerire (o quanto meno tollerare, circoscrivere) la portata dei drammi. Merito quindi, ad un supposto effetto placebo, (o a lento rilascio, come amano recitare i più arguti bugiardini di talune medicine).

Si esce dalle sale, consapevoli di non aver chiesto altro, all’atto dell’acquisto dei biglietti.
Resta però un tarlo.Quello di domandarsi se, ma è domanda puramente retorica, sull’argomento fossero stati chiamati i mostri sacri della ormai consacrata Fu-Commedia all’italiana, l’avrebbero girato allo stesso modo ?

In altre parole, sia Brizzi che Verdone vanno ritenuti dei consacrati prosecutori di quella scuola che ha fatto la storia del cinema italiano, o più semplicemente dei validi artigiani che in qualche modo tentano di rifargli il verso ?

Nella fattispecie, e a puro esperimento “tattile”…dal primo film, all’uscita della sala avevo ancora dei crampi alle mascelle e tutto sommato, l’aspettativa non è andata delusa: il film riesce a strapparmi delle sane risate. Dall’altro, quello di Verdone no. Esci dalla sala con un retrogusto amaro, appena dissipato dall’abile scelta della colonna sonora. E allora lì che ti viene il sospetto:
eccesso di immedesimazione (la mia, infondo, non è situazione di molto dissimile da quella dei tre protagonisti) o avverti, di sottotraccia, l’intento nobile di averne voluto fare comunque un momento di riflessione ? In tal caso, magicamente, resti spiazzato nelle tue granitiche aspettative iniziali, e ti ritrovi a combattere con il sospetto che il film poi ti lasci con qualcosa da metabolizzare, per conto tuo, a intervalli incerti, ma comunque incapace di stabilire se dovuto ad un preciso intento della regia o frutto di tue pippe mentali. E in tal caso, è motivo di riscatto ? Velleità sociali del regista ?

Ammetto di non aver chiaro. Ci lavorerò su, lasciando che il tempo aiuti a definire meglio la sensazione. In ogni caso, anche bene per parlarne poi in termini non esattamente entusiastici, andateli a vedere.

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