E’ una costante che alla collettività letteraria vengano assegnati spazi definibili da carbonari. Nel sotterraneo di un bel localino (il bar-ristorante 433) di via del governo vecchio, in Roma, si è tenuta l’altra sera una presentazione dell’ultima fatica di Giulio Mozzi.
Presenti i bei nomi della nostrana produzione letteraria, non nell’ordine: Leonardo Colombati, Monica Mazzitelli, Peppe Fiore, Michele Governatori, con la leggera ironia di Gaja Cenciarelli che ha condotto, dando ottima prova di entertainer (chissà…ce la vedo bene come conduttrice di un talkshow finalmente “intelligente”), Mozzi ha esposto, da par suo, le tesi portanti del lavoro, sottoponendosi (volentieri) al fuoco di fila e alle punzecchiature che pure la Cenciarelli non gli ha risparmiato (a partire dal garbato rimprovero per aver storpiato il suo nome, proprio nell’ultima pagina, quella dei ringraziamenti---fra i quali, a sorpresa, si è ritrovato anche lo scrivente). Ha trovato anche modo di sovvertire i clichè classici di questo genere di eventi, regalando all’attenta platea, anziché letture dal libro in oggetto, il capitolo due “work-in-progress” del suo “famoso” romanzo in via di completamento.
Nelle chiacchiere prima dell’inizio, però, sono emerse le considerazioni più stringenti su questo lavoro. Che tento di esporre, riassumendole qui, in forma di punti di considerazione.
Intanto: la mia curiosità di necrofilo si è soffermata sul momento creativo. Forse vale a poco, ma mi interessava sapere se, nati dalla mano felice di chi li ha scritti in primis per il web, questi racconti (o miniracconti o semplicemente “gag” come li chiama l’autore) abbiano goduto, anche nella trasposizione su carta, della stessa “freschezza”. Salutando questa, qualora fosse acclarata, come una forma di scrittura sulla quale andrebbero rivisitati tanti tabù e luoghi comuni che la vogliono ridicolmente confinata nel perimetro di uno schermo di un pc.
L’altra osservazione, è legata invece alla novità “strutturale” di questo “ordigno letterario”.
Non è propriamente un romanzo. Non è nemmeno una semplice raccolta di racconti. Azzardo la battuta che forse è un libro “palindromo”, nel senso che il lettore può, a suo piacimento, prenderlo, aprirlo a pagina 150 e cominciare a leggerlo da lì, per poi tornare eventualmente indietro, senza che questo alteri minimamente il senso complessivo del lavoro.
Sono novità non da poco. Credo che a costituire tali fortunate coincidenze, Mozzi debba essere compiaciuto. L’assoluta novità del lavoro, va oltre la spicciola fruiibilità del libro, che si presta, forse al di là delle sue stesse intenzioni, a fare da “apripista” verso una nuova struttura letteraria,
che crea in qualche modo un precedente. Indubbio che sia la qualità intrinseca della scrittura, quale che sia il “mezzo” sulla quale si declina, ma resta forte il sospetto che con tale operazione si possa aprire una nuova stagione e che, al pari di altre scritture “pensate” per l’esclusiva pubblicazione su carta, si faccia spazio, in un’ottica di reciproca contaminazione, anche questa maniera di raccontare, coraggiosamente spinta, da chi si definisce, con immensa modestia e un forte retrogusto d’ironia, “sono un prosatore veneto”.
confesso di essere stata assai interessata alle chiacchiere precedenti alla presentazione vera e propria. si sono toccati argomenti nodali, come la scrittura sul web e quella su carta.
RispondiEliminae poi è stato un piacere vedere un sacco di amici.
piacere INVERSAMENTE PROPORZIONALE alla gioia che ho provato vedendo la mia foto che hai postato qui sopra! AGHHHHH! CLEEEEEEEE'!!!! :DDD
Gaja, hai un futuro in video, ricordatelo !
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