22/02/10

Lamento in mi minore


Signore delle Galassie, ascoltami.
A volte, durante il giorno, mentre sono fuori, in giro per lavoro, mi viene da pensare a quanto sia breve la vita. E a come la riempiamo in modo insulso. O meglio, non ce ne rendiamo conto, ma le giornate passano, come si dice, in modo inesorabile. Passano indipendentemente da come le trascorri, passano e basta. Cosi anche se non fai niente, sei più vecchio di un giorno. Le cellule girano, fanno il loro bravo lavoro, si esauriscono, si riformano, seguendo un ciclo indisturbato a meno che non ti dai da fare con l'alcool, o altre storie, ma che a me non interessano.

Dicevo, Signore delle Galassie, che la percezione che tutto vada a puttane ogni giorno di più è talmente forte, in me, che a volte non ho voglia di uscire di casa. Anche se mi rendo conto che anche se rimango a casa tutto il giorno, le cellule invecchiano lo stesso. Però, cosi, non vedo niente di quello che accade fuori. Che sarà anche quello già tutto visto: le albe o i tramonti sulla spiaggia, le passeggiate in pineta, prima o dopo la pioggia, a respirare a pieni polmoni l'aria buona. Cosi apro le finestre, ogni tanto un libro. Apro apro apro, ma non apro il mio cuore. Avrei bisogno di un'allegoria. Darmi un motivo nobile per il quale illudermi di poter cantare senza voce. E trovo abominevole che abbiano anche inventato la televisione. Non perchè la guardi cosi spesso. Ma perchè dopo un po' mi illudo che tutti, da lì dentro, siano miei amici, in qualche modo interessati a quanto mi accade. Li osservo, questi signori, sento le loro parole. E' gente che mi vuole bene, che pensa al mio benessere, ci pensa notte e giorno. Tutti che vogliono farmi aprire un conto presso di loro. Affidargli quei quattro risparmi che invece di essere destinati al tabaccaio qui all'angolo, possono trovare un uso migliore se li metto nelle loro mani. Gesticolano questi signori, agitano le braccia e le mani in modo sapiente come se dovessero incantare il serpente che è in me, lasciarli fare, che pensano a tutto loro. Ogni attimo della giornata è scandito dalle attenzioni di costoro. Da quelli che mi suggeriscono con cosa fare colazione, come andare al lavoro, a bordo di quale automobile, e alla fine, a sera, in quale camera arredata rientrare. Nulla è lasciato al caso. Nemmeno le funzioni corporali sono esentate da questo flusso ininterrotto di attenzioni. Nel caso fossi incontinente, adesso dicono apertamente la parola Urina anche dalla tivvù. Al momento ancora no, ma chissà...Se invece avessi problemi di altro tipo, ecco una valanga, a scelta, di lassativi o di astringenti. Tutte ma proprio tutte le variabili vengono prese in esame, e poi dici che non ti ama nessuno. Signore delle Galassie, ti sembra giusto ? A me vivere in questa realtà preconfezionata, dove è stata uccisa l'improbabilità, dove nulla è imprevedibile perchè rompe lo schema, mi asfissia. Resisto come posso, ma a volte mi rendo conto che anche gli antidoti che trovo sono inefficaci contro tutta questa melassa che avvolge i sentimenti, li confeziona e te li rimanda a casa con un corriere espresso.

Signore delle Galassie, sono in pigiama adesso. Cammino lungo il marciapiede del lungo viale che porta a casa mia. Questa strada è l'esempio di quello che volevo dire. Sono spariti tutti gli alti eucalipti che la cingevano, al loro posto un lungo viale asfaltato, dove di notte si sbizzarriscono i pargoli delle famiglie troppo felici da accorgersi di averli: cosi li affidano a motori rombanti, anche bene assicurati fino al midollo, e li lasciano alla strada. La stessa sulla quale sto camminando ora, Signore delle Galassie. Illudendomi di raggiungerti, perchè ti devo consegnare, rigorosamente a mano, questa lettera.

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