29/08/10

Brevi appunti da un'estate.


Lecce.
Bar Avio, a due passi dalla Piazza principale dedicata al santo patrono (S.Oronzo).
E' uno di quei rari bar, che quando ti capita di entrarci, di mattina presto (prima o subito dopo le otto) diffonde nel locale musica jazz. Grandi orchestre, repertorio classico, è un piacere sorseggiare un dignitoso caffè (in tazzine immancabilmente bollenti) accompagnato da questa musica di sottofondo. Ci vengo spesso. Ho potuto cosi capire che è un po' la “cifra” del locale. Un simpatico segno di distinzione, nel piattume imperante. A forza di andare a fare colazione lì (va detto che servono anche dei dolci tipici di pasta frolla e crema, chiamati pasticciotti), ho potuto conoscere un po' meglio la storia del bar. L'ultima volta, difronte alla mia approvazione per tutto (musica, caffè, atmosfera rilassante) il gestore mi ha invitato a scendere le scale (il locale non è molto grande) per poter vedere meglio le fotografie delle loro giornate a tema. In breve, in occasione di circostanze da festeggiare, tutti i dipendenti del bar sono soliti servire travestiti di volta in volta, da pirati, da odalische, da hostess. Un modo come un altro per distinguersi, anche questo. Ho scattato qualche foto alle fotografie, tutte debitamente incorniciate e didascalizzate. Rappresentano qualcosa da cui partire, posto che uno volesse tirarne fuori una narrazione. Potente, per quelle più datate, il rimando all'abile gioco di Kubrick, in Shining, quando scarrella su foto scattate nei vari capodanni che si sono festeggiati, sfarzosamente, nel famoso albergo.

Grande.
Il bar Avio, e ovviamente Kubrick.

Amsterdam.

Ti ci perdi a camminare lungo i canali. Un'atmosfera particolare, dove il tempo sembra sospeso, non tanto e non solo in virtù del lento gioco delle correnti che tagliano la città a ventaglio, creando spazio (e luce) fra viali di case una più bella dell'altra. Le facciate inclinate dotate di rostri in sommità ai quali sono appesi argani. Servono per tirare su le cose, mi hanno risposto a precisa domanda. Melting pot, gran carosello di biciclette, rare le auto, ancor meno i motorini. Insomma una pacchia. Mentre passeggio in un sabato finalmente sgombro dall'aria plumbea di pioggia dei due giorni precedenti, baciata da uno scorcio di sole, subito dopo un colorito mercatino all'aperto, su una piazzetta sento suonare un sax (fra l'altro decisamente bene). Da una camera spalancata sul sole dei canali, un uomo vestito di bianco suona come meglio può, andando dietro a qualche CD di musica jazz, sparato a volume adeguato nella stanza (che fa ovviamente da cassa di risonanza e consente, a chi è per strada, di sentire benissimo l'uno e l'altro). Ecco, mi siedo incantato su uno spigolo di una panchina. Alcuni turisti estraggono le fotocamere e cominciano a scattare davanti all'insolita scena. Si forma un capannello. C'è vento, c'è il sole, si sta benissimo. Si avvicina una coppia, scendono dalle biciclette, si fanno largo fra la balaustra nera del canale e lo spigolo della panchina sulla quale sono seduto. Lui, nero, quasi del tutto sdentato, lei che sembra la sorella gemella di Vanessa Redgrave (non le assomigliava , d'accordo, ma è per fissare uno straccio di definizione). Cominciano a parlare, e intanto l'uomo estrae dell'erba ed inizia a rollare una canna. Tessono le lodi della città, orgogliosi del loro way-of-life. La cosa più definita l'ha detta comunque lei, la Vanessa attempata, “sono venuta qui per un weekend ventiquattro anni fa (fa una piccola pausa ad arte) e non sono più tornata indietro”.
Amen. L'uomo vestito di bianco, intanto, continuava a dispensare jazz con la grazia di una comare ricamatrice di Battipaglia. Entrambi fanno un uso sapiente della strada.

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