Può succedere, certo. Ultimamente succede un po’ più spesso.
Può succedere che per una volta le previsioni meteo ci azzecchino. Può succedere che tua figlia ti dica, con lo stesso tono predittivo di Dustin Hoffman ne Rain man “
Quantas ?! Non cadono mai ! “. Hai presente ?
Una di quelle sentenze pronunciate con tale sicumera da non lasciare spazio a dubbi. Mia figlia aveva sancito, “Papà, domani nevica “ (viviamo a Roma, ndr). Alla mia domanda, innocente: “Perché ?”…mi sono sentito rispondere…”l’ha detto il meteo di Sky! Quelli non sbagliano mai !”:
Mai sentenza fu più corretta.
Ieri, venerdi 17, mentre ero appena fuori Roma a divertirmi a fare il babbo Natale postmoderno (non indossa il classico costume, non guida Renne ma una banale Ford, non consegna strenne ma al peggio del vino passabile ai suoi clienti) in compagnia di un amico, ci ha sorpreso una tempesta di neve.
Ora, il mio livello di gradimento della neve, da epoca non sospetta, sta al piacere che può provocare l’accorgersi di esser stato immortalato da un autovelox. Semplicemente non la sopporto. Non sopporto tutta la letteratura che ci gira intorno, da Rigoni Stern a Massimo Boldi (mi si perdoni l’accostamento). Odio i cinepanettoni, odio tutto ciò che ha a che fare con la montagna che non siano le passeggiate estive sui rilievi (cosa che per lungo tempo mi ha attirato). Ma non parlatemi di neve, e i suoi derivati.
Cosi, all’accorgersi che il tentativo di venire fuori da una timida salitella del paesino dove abbiamo pranzato (in un locale degno di pinguini quanto a climatizzazione), mi sovviene che, sepolte fra duemila cianfrusaglie e a puro titolo scaramantico, dispongo di catene.
Ci fermiamo, in qualche modo, e cominciamo a compulsare il manuale con le istruzioni di montaggio. Dopo diversi minuti e tentativi infruttuosi si accosta un’utilitaria. A bordo due donne. Una ci vede e comincia a ridere. Di quelle risate contagiose, immotivate quanto assurde. Facile andarle dietro. Scende una ragazzetta che non sfigurerebbe in un catalogo Panini di campionesse di wrestling. posto che la disciplina fosse solo un po’ più popolare da noi.. La ragazza con un piglio autoritario (mi sento solo di suggerirle di indossare dei guanti che prontamente le porgo) ci monta le catene come nemmeno al box Ferrari in una delle giornate più ispirate.
Commosso, ho pensato bene di lasciarle un paio di bottiglie di ottimo prosecco e lesti prendiamo la via di casa. Commettiamo l’errore di immetterci sulla Cassia bis. Una sorta di autostrada, dotata di un paio di generose corsie per carreggiata. Quella che ci ospita, in direzione di Roma sembra piuttosto sgombra. Troviamo un benzinaio aperto, facciamo il pieno e proseguiamo. Alla prima salita la coda. Vediamo la sommità della salita, sgombra. Ci sono “solo” un paio di camion che evidentemente sprovvisti di qualcosa in grado di fargli superare il dislivello ( catene, ruote da neve, marce ridotte, diosolosacosa) impediscono agli altri disgraziati come noi di procedere.
Restiamo fermi due ore due. A mezzo metro per volta, la salita assume il valore del paradiso per un cattolico praticante. La mèta è la, la vedi, ciò nonostante ti industri per fare del bene, nel frattempo.
Alla radio sentiamo di tutto, le polemiche per il rilascio dei manifestanti, wikileaks, l’Inter, i sorteggi di Champions, i consigli per andare di corpo meglio in previsione delle mangiate delle festvità, gli ultimi amori della pin up di turno. Insomma, mi addormento. Dormo per un tempo che non so stimare. Alla fine, mentre cala l’oscurità, dio sa come, si apre un varco che consente il passaggio a singhiozzo di un auto per volta. Non senza privarci dell’elegante scambio di battute fra una signora che ci ha appestato con i gas di scarico da una BMW X3 e i poveracci autisti del camion fermo “Guardi che dobbiamo andare a casa anche noi, sa ?!” gli grugnisce sull’incazzato uno di loro, e lei, avvelenata come una biscia “Ma io ho tre bambini a bordo”: In due battute l’immagine del paese.
Procediamo a trenta all’ora. Raggiungiamo il Raccordo che non ci sembra vero. Il fondo stradale a quel punto e’ migliore. Decidiamo di accostare, sulla corsia d’emergenza dentro a un tunnel. Tentiamo l’operazione di smontaggio delle catene: non credete, altrettanto complessa quanto il montarle. D’improvviso mi è chiaro il concetto di “Galleria del vento”, test al quale vengono sottoposte le auto per stimarne l’aereodinamicità (leggi, resistenza al flusso del vento, capacità di penetrazione dell’aria attenuando l’attrito). Una folata gelida e continua si incarica graziosamente di condire tutto il tempo necessario all’operazione di smontaggio: Che e’ comunque molto (un pensiero amorevole alla ragazzetta di prima, questo si, nel mentre).
Svolta l’operazione, procediamo, sono quasi commosso dal trovare la strada sgombra e poter avvicinare velocità degne di tal nome. Ci fermiamo per un generoso caffè e pipì connessa in un autogrill sfigatissimo popolato da zoccole est europee e personaggi dickensiani.
Ma il castigo del venerdi 17 non ha ancora esaurito le sorprese in serbo per noi. All’altezza dello svincolo con l’autostrada per Fiumicino, preavvisati da un anacronistico quanto inefficace cartellone a led che sovrasta le tre carreggiate, veniamo avvisati rispettivamente che le code sono da lì fino alla Prenestina (per i non romani, parliamo di una roba equivalente a 20 km, e nel contempo che le condizioni meteo sono "avverse". Ho sempre nutrito curiosità per coloro che sono preposti alla compilazione di questi messaggi. Mi sono sempre chiesto quale fosse il loro livello di istruzione, quale il loro background culturale, di cosa si sono nutriti, quali i libri che hanno letto, i film che hanno apprezzato e dei quali chiacchierano amabilmente davanti ad una tazzina di caffè, al bar con i colleghi o davanti all’omnipresente macchinetta che pure devono avere nella stanza dei bottoni, la stanza da docve immagino digitino questi distillati di letteratura misti a messaggi che variano il loro tenore dal calibrare la paura, moniti e finta premura.
Condizioni meteo avverse, ma va ? L?italiano e’ una lingua fantastica. Di un umorismo involontario, a volte.
La maledizione del 17 si espleta regalandoci ben un'ora e tre quarti per percorrere poco piu’ di cinque chilometri. Assistiamo come Tantalo, con un mix di ammirazione per la loro incoscienza) i disperati che incuranti di tutto transitano a 150 km/h sulla corsia d’emergenza. Indirizziamo i nostri improperi agli occupanti e alle loro rispettive qualifiche di auto civetta con il lampeggiante che ci sfrecciano a destra incuranti del nostro supplizio. Fumo non si sa quante sigarette, tento di cambiare stazione radio, vado da un’insulsa Shakira ai Vespri medioevali (che stile, quelli di Radio3). Insomma cedo, su tutta la linea e rimando mentalmente, come un mantra, i nomi dei sindaci di questa città, degli assessori all’urbanistica, che si sono succeduti da una trentina di anni in qua, mandandondoli cordialmente in quel posto.
Esaurita anche la verve necessaria per incazzarmi, alla fine individuo un varco e decido, a costo di allungare di altri chilometri, di uscire da quel girone infernale.
Tempo altri venti minuti sono a casa.
E’ finita, mi dico. E’ finita.
In compenso, vedi, ne è uscito un post strepitoso.
RispondiEliminayour words are fuel for my creativity, Mr.Bandini.
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