17/07/09

Quaranta anni e non dimostrarli

la copertina del numero dell'Europe in edicola


A giorni, cade (si dice cosi…) l’anniversario dei 40 anni dell’impresa lunare di Apollo 11.
Con l’enfasi dovuta ai compleanni “rotondi”, assisteremo, in varie salse, ad un fiorire di dejavù,
tale da rendere edotto anche chi (e sono tanti) non ha potuto vivere tale evento, in quanto ancora non nato.

L’impatto, invece, sulla psiche individuale e collettiva, che tale evento provocò, all’epoca, meriterebbe una trattazione più approfondita. Pressappoco, la sera del 20 luglio di quaranta anni fa, ero un adolescente, afflitto dal complesso di volersi liberare dei calzoni corti (vissuti come un’onta, a quell’età, ed inutile zavorra dalla quale liberarsi per lanciarsi nel mare aperto della vita).
Ero in vacanza, una masnada di cugini, zie, tutti orbitanti intorno, piuttosto che alla luna, nella grande, vecchia, casa di famiglia, che si riapriva d’estate consentendo, come in ogni grande famiglia che si rispetti, di dare una giusta cornice a conflitti che duravano un’estate, salvo poi riproporsi la stagione successiva.
In questo clima cosi frizzante, la trepidazione dell’attesa, il Tito Stagno che dallo schermo dettava, preso nella parte, tempi e modi della discesa sul satellite, entravo ed uscivo, completamente esente dal sonno, dal giardino e con il naso in su, osservavo, chi sa, forse illudendomi di scorgere un puntino, la grande sfera luminosa, che per una bizzarra coincidenza, era in plenilunio proprio in quei giorni.

Vorrei ritornarci su (non sulla luna: sull’argomento). Perché, per quanto relegato in qualche angolo buio della memoria, credo che abbia svolto il suo sporco lavoro, nel rendermi quello che sono, oggi.

Attratto da qualsiasi cosa ruoti intorno all’argomento, non ho potuto fare a meno di prendere, obbedendo ad una curiosità mai domata, l’ultimo numero dell’Europeo.

Come recita la copertina, è un bel carnet di pezzi di ottimo giornalismo. Lo sto leggendo, fra una pausa e l’altra, in questi giorni. In modo particolare, e fa un certo effetto, i servizi di Oriana Fallaci.
Lo stile della sua scrittura, la vividezza delle descrizioni, l’acume delle sue domande, rivolte di volta in volta ai vari protagonisti di quell’avventura, mi confermano, pur non essendo mai stato un suo fervido ammiratore, che si tratta di una donna dotata di dosi cospicue di intelligenza, e assistita da una grazia unica.

Non ho potuto fare a meno di esplodere in una sonora risata leggendo questo breve passaggio di un’intervista ad un uomo del back-stage, intorno alla fede di Neil Armstrong,

“ ….riempiendo il modulo per la sua biografia, rispose alla domanda “A quale religione appartieni ?” con la parola “Nessuna”. Qualcuno che lo conosce bene mi ha detto “Più che ateo lo definirei agnostico. Prendere posizione su tale argomento è una fatica superflua per Neil. Io credo che Neil non creda a Dio per una ragione assai semplice: Dio non è un aeroplano”.


Tempo fa, mentre eravamo seduti nei tavoli all’aperto di un bar del centro di Padova, parlavo a Giulio Mozzi di un libro che stavo leggendo [vedi nota infondo] proprio sull’argomento. Mozzi mi regalò un dejavù, affermando che il suo babbo possedeva i filmini in superotto (non è il nome di un nuovo concorso della Sisal: ma lo standard imperante prima dell’avvento dei VHS e dell’attuale DVD, tanto meno del blueray) usciti in bundle con il mai dimenticato settimanale EPOCA.
Ecco mi domando se poi qualcuno si prenderà la briga, in questo festival della memoria, anche solo per soddisfare la curiosità malandata di altri come me, di riversarli su un supporto meno desueto.

E in ogni caso, questa mia, a valere quale candidatura, nemmeno tanto larvata, di offrirmi a farlo.
Buona lettura !

risorse:
recensioni su Polvere di luna di Andrew Smith
qui, qui e qui.
Questa invece una serata al Procasma, dedicata al tema: qui

Nessun commento:

Posta un commento