19/11/10

Stanno tutti bene

De Niro ha una maschera che ti perfora. Tratto da un romanzo, qualcuno sostiene invece sia il remake di un omonimo film di Tornatore, stasera ho visto Stanno tutti bene.
Se non fosse per l’immancabile bella canzone nel finale (di Paul McCartney), mentre scorrono i titoli di coda, ho notato che lo sparuto pubblico che assisteva alla proiezione, contrariamente a quanto accade di solito, ha indugiato un bel po’ prima di spostare le chiappe dalla poltrona. (Fuori pioveva svogliatamente).

Stanno tutti bene, è un film ben montato, agile, che ti prende toccando inevitabilmente il rapporto che bene o male ognuno di noi ha avuto (o non ha avuto) col proprio padre.
E’ un ontheroad atipico. Dove a muoversi, dopo la morte della consorte, è un anziano padre in pensione, in vena di “sorprese” per i propri quattro figli (che tema, la vecchiaia, l’incedere degli anni, l’avvicinarsi della morte, da Estwood di Gran Torino, al Nicholson di A proposito di Smitdt, sarà che la popolazione invecchia e con essa anche questi grandi mostri sacri sui quali sembrano attagliarsi questi soggetti).

E’ Americano, si. Ma non si fa fatica a ravvisarne le dinamiche anche nella nostra (tutta speciale) famiglia italiana. Ci sono i cavi del telefono. C’è il caucciù col quale li ha ricoperti “per chilometri e chilometri” durante l’attività lavorativa, questo anziano padre di colpo, alla morte della moglie, in pensione, ansioso di darsi un ruolo a partire dal rapporto con i figli. Questi cavi portano le voci, e sono le considerazioni del protagonista, durante i suoi lunghi viaggi in treno a indurre gli ignari passeggeri a condividere insieme a lui i ricordi…(a tratti mi ha ricordato una poesia di Carver, quella su una cabina telefonica, c’e’ una donna che lui osserva, dalla sua mimica cerca di interpretare la qualità delle notizie che ha appena ricevuto, c’è l’indifferenza del mezzo, capace di trasportare, insieme, notizie belle insieme a quelle meno.

Bello, a tratti commovente, e magistralmente interpretato da un De Niro ispirato come poche altre volte. A dispetto degli anni, la capacità di rendere la solitudine e la stoica commozione davanti al risultato dei suoi sforzi, e l’ossessione della stessa domanda, rivolta a tutti i figli “sei felice ?”.

Andatelo a vedere.

2 commenti:

  1. Appoggio in pieno la tua analisi, una delle poche recensioni positive in giro.

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  2. @ cineserialteam: evviva, non siamo solo nell'Universo !

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