16/01/09

Sette anime


Ovvero, quanto può essere forte il senso di colpa.

La storia: un apprezzato ingegnere provoca un incidente stradale, per distrazione, nel quale perdono la vita sette persone, fra queste anche la moglie.
Da allora inizia il suo personale calvario che lo porterà, per stadi successivi, alla redenzione.
Punto.

Non dico altro per no rovinare il piacere della sorpresa a chi vorrà andarlo a vedere.

Quello che mi interessa è indagare il prodotto-film.
Tralasciamo che sia stato Mccino a girarlo (sulla base, cosi recitano i titoli di coda, di una storia scritta da tal Grant Nieporte). Il montaggio è la chiave del film.
Va dato atto che il ricorso al flashback risulta molto misurato, quasi nullo. E qui sta una grande scelta stilistica di narrazione. In altri termini, l’impianto è cosi robusto da poter evitare di ricorrere ad espedienti narrativi per tenere desta l’attenzione dello spettatore. Cammina sulle sue gambe.
Unica pecca, il ricorso un po’ troppo ossessivo alla steady-cam, la macchina a spalla, che aggiunge spaesamento gratis alla storia, che come detto può serenamente farne a meno. Cosi come preziosismi si possono definire alcune riprese, non so come altro definirle, a multi fuoco. Il centro dello schermo è nitido, tutto ciò che è di contorno, nell’inquadratura, appare sfocato.
Peccati veniali, sui quale benevolmente si sorvola. Splendida la protagonista femminile, Rosario Dawson.

Il senso, comunque, del film è l’amore per il prossimo. Aiutare degli sconosciuti, foss’anche per una sorta di espiazione personale, e in tal senso, sarebbe da giudicare meno nobile ? E’ la capacità di spolverare questo sentimento in una accezione civile, più lontano possibile, da qualsiasi altra inevitabile connotazione religiosa. Gli altri, questa moltitudine sulla quale sbattiamo contro nei nostri quotidiani, gli altri che contengono, ciascuno, una storia, dietro la loro fattezza di “comparsa” cui il vivere d’adesso ci ha malamente abituati. E sono gli altri, la nostra redenzione. Coloro che non si aspettano niente da noi.
Il nostro dono, sarebbe, potrebbe essere, accorgersi che esistono. E’ un film, che forse, al di la delle sue stesse volontà, finisce con l’essere molto attuale. In questi giorni governati da notizie di guerre assurde, di gente che investe di tutto sulle strisce pedonali e che se la da a gambe, una parentesi di amore, di riflessione, sia pure nella vaghezza di un film, per quella porzione di tempo limitata, costretti sulla poltrona di un cinema, la storia ci regala un’altra prospettiva, in modo drammatico, cruento, e moderatamente, soprattutto credibile di occuparci della nostra esistenza. .

La vita, allora. Quel ticchettio più o meno ordinato del nostro cuore. Che richiede a gran voce di sfuggire dalla dimensione biologica alla quale abbiamo finito di inchiodarla, per ricordarci che c’è dell’altro. Altro che è capace di svelarsi, posto che si lascino, ciascuno, le lenti deformanti dei rispettivi occhiali. E rimanerne accecati per poter andare avanti, con maggiore leggerezza, e perché no ? anche con un tre per cento, di maggiore felicità.

Da vedere.

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