20/01/09

Obama day
















La televisione manda le immagini della cerimonia d'insediamento. Se Obama fosse un venditore di auto (usate) non esiterei ad acquistarne una, da lui.


Ha il carisma di uno che ci crede. L'inflessione della sua voce, quelle pause non so quanto studiate, che già ci ha fatto conoscere durante il primo discorso di Chicago, la sera del 4 novembre scorso, ha il potere di garantire, a chi mastica poco l'inglese ascoltato come me, che se non tutto almeno una buona parte di ciò che dice sia sostanzialmente vero, sentito.

Ho apprezzato l'enorme farfalla di raso sul cappellino della Signora Aretha Franklin, subito dopo la sua voce intonata, nel gelo di una giornata insolitamente solare (erano previsti tuoni fulmini e saette) in quel di Washinton. In questo momento, dalla BBC, stanno mandando in diretta la promenade del corteo presidenziale verso la Casa Bianca, lungo un'affollatissima Pensylvania Avenue. Obama è sceso dalla limousine e sta percorrendo a piedi, mano nella mano con la consorte i metri che lo separano dall'ingresso, come lecito, trionfale, nella sua nuova residenza.
L'entusiasmo è incontenibile.



Verso le 18,15 mentre tentavo di trovare un canale nostrano che trasmettesse la diretta (l'ho trovato, ma solo sulla 7 dove almeno a commentare c'era Carlo Panella) ho fatto un giro sulle reti tv nazionali: niente. Solo una finestra in un talkshow, non ricordo più nemmeno su quale canale.
Avvertire che la cosa sottolinea, se ce ne fosse bisogno, tutto il provincialismo nostrano è pleonastico.



Non dico che l'evento avrebbe richiesto le reti unificate (quelle in forza di una vuota tradizione sono ad appannaggio del capo dello stato, la sera del trentuno dicembre), non dico nemmeno che la mancata visione della cerimonia sia cosa da togliere il sonno ai cittadini italiani, ma considerare la portata anche solo statistica della circostanza (un uomo di colore per la prima volta al soglio della presidenza di una grande potenza mondiale) avrebbe meritato ben altra attenzione mediatica. Probabile che i gestori dei palinsesti abbiano ritenuto più importanti altre trasmissioni o notizie, vedi la tarantella di Kakà (ho visto gente con gli occhi lucidi, ieri pomeriggio, quando la sua partenza dal Milan sembrava cosa fatta), o il colpo della Fiat che a costo quasi zero ha acquisito quote della Chrysler ed ottenuto, insieme, l'apertura del mercato USA alle sue utilitarie.



A noi che ce frega ? Con italico distacco diamo spazio al cicaleggio delle soubrette di ritorno, alle litanie del Grande Fratello (che, del resto, ora che ci penso, sarebbe anche un ottimo soprannome per il Signor Obama), o al gossip sulla marca di mutande del tronista di turno.



Certo, nulla da stupirsi, da chi ha commentato la recente mattanza di Gaza, come una banale questione di confini in qualche landa desolata. Da domani, il piglio professionale dei nostrani addetti ai lavori avrà altro cui dedicarsi, il nulla condito dal niente, col quale ci ammanniscono, da sempre, con un concetto di informazione tutto piegato alle logiche dell'audience.
Buono tu, buona la tivvù, che vuoi di più ?

1 commento:

  1. Bel post! E grazie d'aver cambiato le opzioni per i commenti..In generale, blog molto interessante. La tua "spinetta" nel fianco ;) Arte

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