05/04/10

Vivo in quadro di Edward Hopper, ma non lo dite a nessuno.


"Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe ragione di dipingerlo"
Edward Hopper

Oggi ero nella piccola libreria annessa ad un museo. C'era una personale di Fausto Pirandello. Ho dato un'occhiata ai quadri. Cromaticamente sono un soggetto difficile. Sono attratto dalla vivacità, dalla luce. E in quelli di Pirandello non ce n'è molta, di luce.
In quelli di Hopper si. Nella libreria c'era un volume enorme (saranno state 1200 pagine) Una biografia intima, c'era scritto. L'uso di quell'aggettivo mi ha turbato. Sarà colpa della troppa pubblicità che vedo, passivo, in tv. L'ho associata a qualcosa di detergente, igiene femminile.
Hopper è una calamita, per me. Resto intontito davanti alle sue tele.
Anni fa, ero a Parigi, ho preso un catalogo da una bancarella. Pochi franchi, ma era scritto in francese. Io di francese non so nulla. Quel poco che so di Hopper l'ho appreso da una donna bravissima che fa la critica d'arte, ha due lauree, e ogni tanto organizza visite guidate. Resterei le ore ad ascoltarla. Nel corso della visita alla mostra di Hopper che è a Roma in questo periodo, è stata capace di ribaltare tutto il bagaglio preconcetto che ho intorno a questo artista. Non è un malinconico. Hopper si è trovato appiccicato addosso questa convenzione. Qualcuno, e io fra questi, deve aver trovato cosi lirici i suoi quadri da averlo iscritto, contro la sua volontà, nel club degli sfigati. Nulla di più falso. Hopper, semplicemente, riprendeva la vita: cosi com'è. E credo se ne fottesse delle iscrizioni alle sue spalle.
Ho letto Dos Passos, da ragazzo. Per la precisione Ventiduesimo parallelo. Quel romanzo mi è rimasto dentro. Per la struttura, piuttosto che per la storia. E ogni tot capitoli, Dos Passos, inseriva una roba di due o tre pagine, che chiamava di volta in volta Occhio Cinematografico e Cinegiornale.
Aldo Nove ha scritto recentemente per i tipi della Iskra, un volumetto nel quale giochicchia con Hopper e con Raymond Carver.
Forse l'autore che più lo ricorda, in letteratura, è Dos Passos, non Raymond Carver.
In ogni caso Carver ha mutuato anche lui la capacità di dipingere il reale con un palo in mezzo, come fa Hopper che non infinge niente, ma “restituisce” nella sua Sera blu, un palo nella tela.
Quel palo è un punto di svolta. La dove con un banale correttore grafico, se si trattasse di una foto, si farebbe sparire agevolmente un palo che “impalla” la scena, Hopper ha il coraggio di lasciarlo tal quale e di farne un elemento prospettico capace di caricare di realismo la scena, salvo prendersi in giro in un moto di autoironia, auto ritraendosi, fra i commensali, vestito da Pierrot annoiato.
Ecco, Hopper ha questo dono. Catturare la luce, spogliandola di tutta la sovrastruttura, e renderla, restituirla appunto, come fosse una polaroid, nemmeno ritoccata a pennello.
Non c'è ansia. Ma emozione si. L'emozione che può darti vedere un campo di mattina presto baciato dai raggi lunghi e bassi del sole. Il taglio costituito da una manciata di raggi di sole, sul prato verde al quale è intento un uomo ripreso di spalle, forse un giardiniere. Una lingua di luce che diventa centrale nella scena, e che la informa, donandole un senso realistico senza precedenti.
Aprire il catalogo in francese di Hopper, e ritrovarsi a perdersi dentro i suoi quadri.
Vorrei tanto stare la dentro, adesso. Seduto al bancone di Nighthawks, o a raccontare qualche storia alla donna seduta sul letto, braccia intorno alle ginocchia, in fronte al sole di un mattino, da dentro una stanza di qualche angolo sperduto dell'America, ma che potrebbe benissimo essere anche Ostia.


UPDATE: Un film che gioca a riprodurre le scene dei suoi quadri più celebri: http://www.artribune.com/2016/06/video-film-edward-hopper-gustave-deutsch/?utm_source=artribune&utm_medium=social

3 commenti:

  1. Hooper diceva appunto: “non dipingo quello che vedo, ma quello che provo“.

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  2. Vero, Marco, è un modo di "vedere" che trovo molto prossimo al mio.

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  3. Allora ti piacerà come lo descrive Alessio Brugnoli, esperto d'arte:

    "Figure scolpite da una luce immobile ed eguale che, priva di atmosfera, dona alla povertà amara e banale dell'esistenza una nobiltà solenne, ma singolare e misteriosa. Scene consuete, ma pervase di assoluto e di dramma."

    http://arte-e-artisti.splinder.com/tag/hopper_edward?from=0

    e per me il suo erede è Gregory Crewdson

    http://cordovero.blogspot.com/2008/03/gregory-crewdson-hopper.html

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