21/03/09

Notturno (again)

Continui a sognare di questo benedetto ascensore nel quale hai sentito il bisogno di salire, nel sogno, e di schiacciare, chissà perché, il bottone corrispondente all’ultimo piano.
Arrivato al piano, però, in barba alle leggi della fisica (con le quali accetti di non aver avuto mai ottime relazioni) l’ascensore se ne fotte delle tue prescrizioni e continua, indefesso, a salire.

Poi ti svegli, scendi i gradini malcerto, che ti conducono nel locale che chiami ancora cucina (teatro di furiose litigate quando questa casa era popolata intensamente: una moglie e una figlia).
Cerchi dei lamponi surgelati nel freezer, e se non sono proprio lamponi deroghi su more e altri frutti di bosco che la fruttarola zinnona e con pochi denti asserisce provengano da serre qualificate.
Deponi l’ammasso ghiacciato con perizia consumata nel mega bicchiere del frullatore (sebbene da qualche parte devi aver letto che le fibre, in tal modo, vanno a farsi benedire e con esse qualsiasi loro residua efficacia). Cerchi il latte, puntualmente scaduto da qualche giorno.
Impavido ne versi dal tetrapak al bicchierone del frullatore ciò che ne resta.
Afferri il barattolo dello zucchero come il miglior barman che chiacchierava con Nicholson dal banco dell’albergo di Shining. Ne versi una dose che stroncherebbe, con la grazia di un valzer, un malato di diabete. Te ne fotti, tu non lo sei ancora. In modo pressoché automatico tenti di individuare il bottone cardinale: ON-OFF. Per il resto è notte, tre di mattina o dintorni.

Ritieni, sostanzialmente, che il diritto di spararsi un frullato a quest’ora, accentui quel senso di libertà che vagheggi. E vantando l’orgoglio consapevole di un qualsiasi onesto contribuente premi quel dannato tasto con l’autorevolezza di Boulez qualsiasi, davanti alla sua orchestra.

Silenzio.
Qualche cane latra in modo aritmico dal giardino dei vicini. La luce illumina, indifferente la scena come nemmeno Hopper. Tu sei in pigiama, espressione oscillante fra il disappunto e la sorpresa, fresco memore dello spagheggio provocato dall’ascensore-matto dal quale sei appena sceso e non ti capaciti. La prendi a ridere, all’inizio. Ti sforzi di considerare tutto ciò un cascame, maleodorante, dell’incubo di poco prima: cazzo fai, non funzioni ?
Ti appelli ad un briciolo di senso logico, per dio. Ora perché non funzioni, stronzo ? dici al frullatore che ti ha regalato zia Albertina commossa per il tuo stato di salute, suggerendotene l’uso e magnificandone l’utilizzo a cadenze regolari. Ti lanci nel gioco senza senso di indovinare dove lo possa aver comprato: scarti ebay (Zia Albertina sta ai Pc come Renzo Piano alle curve di Valentino Rossi), propendi per il mercato domenicale di Porta Portese, sostenuto dal fatto che si sta velocemente concretizzando nel tuo macerato cervello la consapevolezza che devi avere da qualche parte riposto anche l’immancabile libretto d’istruzioni (posto che, in un sussulto di sopravalutazione delle tue capacità tu le sappia interpretare correttamente e che abbia uno straccio di sezione che ricordi, potrebbe chiamarsi Trouble resolution, o Disclaimers, o ancora FAQ, frenquently asked question).

Ti lanci nel passato, apri cassetti che da anni non vedono luce: spaghi, elastici per fermare capelli femminili, pennarelli esausti, nastri adesivi scatole di medicinali scadute, e ancora mollette, guarnizioni di caffè, puffi in miniatura, un matterello. Poi, trovi il libretto, lo intravedi seppellito da tutta questa roba, allunghi la mano trionfante, convinto che esista un dio qualsiasi che alle tre di mattina, dalla sua cabina di regia, disponga le cose in modo a te leggermente più favorevole.
Lo apri.

E’ scritto in ideogrammi giapponesi.

Tenti di trovare una soluzione definitiva, lanci un search nel tuo cervello per fare appello a qualche conoscente che ne sappia tradurre il senso. Ti sovviene un'amica, conosciuta da poco. Bizzarra quanto basta ma stimi che a quest'ora, per bizzarra che sia, abbia poca voglia di intrattenersi con te al telefono. Fin quando non lo fosse, e al contrario, manifestasse tutta la sua solidarietà cercando di aiutarti ti arresti definitivamente ricordando che non dispone di fax, e tu non sei in ufficio, e sopratutto, hai una conoscenza prossima allo zero, del modo nel quale vanno letti.

Rovesci il tutto nel wc. Spegni tutte le luci. Ripercorri al buio le scale chiedendoti mentalmente se non sia il caso di farsi installare in casa un'ascensore, provvidenziale in situazioni come queste. Ma il terrore possa disattendere le tue istruzioni, come il suo gemello del sogno, ti fa desistere.

Domani, cerchi di ricordarti, appena sveglio, qualunque sarà il tuo stato d'animo, consulterai la tessera punti della giesse. Aprirai quel catalogo dei premi, tempestato dai ghirigori che scrivi quando sei al telefono, e con tutta la grazia del mondo, verificherai se c'è e quanti punti sono necessari per aggiudicarselo, un frullatore (pazienza se anche di dimensioni più modeste rispetto a quello di zia Albertina). Dopo, ma solo dopo, e con l'unico intento di soddisfare quella dannata indole snob che non t'abbandona, cercherai un corso serale di giapponese, e inviterai a cena la tua amica, vergandole, con grafia netta e minuta, un invito scritto in kanji.

Tiri su le coperte. Ti giri di fianco. I cani hanno smesso d'abbaiare. Forse sogni, forse non hai mai smesso.
Richiami l'ascensore.

(ispirato da ln1, a cui sono grato).

2 commenti:

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  2. sono terrorizzato da un utilizzo improprio del Chopper tritatutto. Ecco.


    ps. e grazie per il tono retrò, o vintage, che emana dalla cara vecchia polaroid.

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