04/10/10

Jodorowsky regista.

una delle inquadrature più belle del film









Quest'estate, stavo spiegando di cosa mi vorrei occupare da qui a breve ad un amico, al telefono.
L'amico (Antonio La Malfa) mi cita il nome di un testo Psicomagia (Feltrinelli ed.).
Metto piede in una libreria e lo prendo. L'ho letto con intervalli strani. Tant'è che è ancora in macchina, sui sedili posteriori, pronto a tenermi compagnia, durante una delle prossime pause di lavoro.

Sempre intorno a questo nome, ho preso “a scatola chiusa” anche i dvd di alcuni suoi film.
Ieri, complice una visita di un amico con la sua compagna, dopo pranzo, abbiamo messo nel lettore il primo, La montagna sacra e ce lo siamo sparato.

L'avevo visto da pischello. Una specie di cineforum, ricordo vagamente ne venne fuori un dibattito (all'epoca andavano molto i dibattiti, dopo la visione di un film), ma rivedendolo, ieri, ho toccato con mano lo stato di conservazione della memoria sull'argomento: pessimo. Avevo dimenticato quasi tutto, e rivederlo non ha mancato di svegliare ex novo, l'apprezzamento per un lavoro che va assolutamente storicizzato, pena il non poterlo valutare bene. La pellicola è del 1974.
Jodorowsky è un grande. Un precursore, il ricorso al simbolismo abusatissimo d'accordo, ma l'efficacia della regia è nel montare le scene senza alcuna concessione al didascalismo. Un mio amico ama dire (per i libri) “il testo è questo” (come a dire...non c'è altro, solo il testo a tenere in piedi tutto). In questo caso, (la montagna sacra) il discorso è analogo: il film è questo. Punto.
Può piacere o meno. Ma forse non c'è tanto da dover discutere.
Insomma, una gran bella visione.

Non paghi, vista l'ora, abbiamo messo sul “piatto” un altro suo film...stavolta Santa Sangre.
Tutte le perplessità sulla Montagna sacra, dissolte. Il film è del 1989 e l'abbiamo trovato una perla.
Jodorowsky, mantenendo ferma la macchina da presa anche quando gira con la camera a spalla, lavora intorno al tema dell'ossessione e del condizionamento della famiglia. Il ruolo dispotico di una madre, e il disperato tentativo del figlio (sullo schermo interpretato proprio da suo figlio Axel) con veloci incursioni nel simbolismo, nella satira religiosa, con venature di sociologia di ritorno (essendo girato in un imprecisato paese centro americano, probabilmente in Messico).

Il film è lungo, solo a tratti prolisso, ma merita davvero la visione. Dentro c'è Fellini, e altri. Forte è stata l'impressione che alcuni dei registi nostrani molto gli debbano. C'è la scena ripresa “parapara” anche da Benigni in un suo film, allorquando un gruppo di diversamente abili vengono invitati ad assumere sniffare cocaina, con tutte le conseguenze del caso. Jodorowsky, come detto, l'ha girato nel 1989. Per quantità e qualità di temi, il film ti arriva addosso come una locomotiva. Entra e salvo qualche sbavatura, la narrazione è efficace e non priva di poesia.


Insomma, una grande scoperta, tardiva forse, ma inaspettatamente gradita.
Adesso non resta che attendere una serata di pioggia e dare fondo anche al terzo dei tre dvd, Il topo.

Il mio amico, che l'ha visto, lo ritiene addirittura superiore ai primi due.

Da vedere.

5 commenti:

  1. Non so perché ma Jodorowsky scrittore mi mette a disagio. Jodorowsky regista, invece, è talmente simbolista da rischiare di risultare incomprensibile.

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  2. Hai ragione, poi in effetti Psicomagia è la sbobinatura di un'intervista (lunghissima).
    Anyway (adoro codesta interiezione) la personalità è intrigante, questo si.

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  3. Cletus, confesso che non so cosa sia la psicomagia,
    ma seguendo quanto si -sbobina- nella mia -psiche-, vedo apparire come per -magia-, ad -intervalli strani-,due amici,.. come un'unica personalità intrigante,una visione bicefala, un contrappunto puntuale, surreale,e segreto.
    ... AIUTO!

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  4. @ Lorella, benvenuta fra gli aficionados di Jodorowsky !

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  5. "State un po’ a sentire: “Nel 1903 mia nonna Teresa, madre di mio padre, si arrabbiò con Dio e anche con tutti gli ebrei di Dnepropetrovsk, in Ucraina, perché continuavano a credere in Lui malgrado la micidiale inondazione del fiume Dnepr. Durante l’alluvione era morto Giuseppe, il suo figlio preferito. Quando l’acqua aveva cominciato a invadere la casa, il ragazzo aveva spinto in cortile un armadio e ci si era arrampicato sopra, ma il mobile non rimase a galla perché era gravato dai trentasette trattati del Talmud…”. Sono le prime righe di Quando Teresa si arrabbiò con Dio, romanzo di Alejandro Jodorowsky (1992; Feltrinelli 1996, ora nei tascabili). Conosco pochi inizi di narrazione così fulminanti. Jodorowsky forse non se n’era reso conto (il titolo originale è Donde mejor canta un pàjaro), ma il traduttore (Gianni Guadalupi) e l’editore italiani sì: e dall’incipit ricavarono il titolo. Mi ricordo: vidi il libro, il titolo mi attirò, lessi il primo capoverso e senza esitare passai alla cassa. Due giorni dopo avevo già letto il libro. Ottimo."
    E' Giulio Mozzi che parla, in una vecchia puntata di Stilos. Jodorowsky è anche un bravo scrittore, oltre che regista.
    Baci a tutti

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