
Ovvero il giornalismo d’inchiesta.
Report ne ha fatta un’altra delle sue. Ieri sera è andata in onda una puntata dedicata al problema dei rifiuti a Roma (“L’oro di Roma”)..
Nel corso della puntata è stato inserito un “fuori-onda” nel quale un assessore regionale, con linguaggio colorito, si esprimeva circa l’ineluttabilità che al momento, a Roma, ci sia un’unica Azienda che in totale regime di monopolio, ha in carico tutto il ciclo rifiuti (smaltimento, incenerimento, produzione di energia dai rifiuti combusti).
Oggi, si apprende dai lanci d’agenzia, l’assessore in parola presenterà le dimissioni. Tralasciando ogni e qualsiasi giudizio di merito (che già basta il carosello di voci, sinteticamente riportate a commento della notizia: c’è chi si è svegliato oggi, chi ne approfitta per regolamenti di conti “politici, chi ancora rincara la dose contribuendo a sollevare una tale nuvola di polvere che quella degli inceneritori, al confronto, è impalpabile cipria), la domanda è: cosa è che fa più scalpore ? Che un servizio pubblico, assolva a questa definizione, mettendo mano a quello che manca nel paese: ossia il cosiddetto giornalismo d’inchiesta, o il fuori.onda stile striscia la notizia ?.
Parliamo dell’Italia, non degli USA. Lì, con il Watergate, hanno mandato a casa dei presidenti.
Da noi, Saviano a parte, la disciplina è in ribasso. Vuoi per l’assetto proprietario delle testate. Vuoi per un ceto di addetti ai lavori che sostanzialmente espropriato di una funzione che gli dovrebbe essere connaturata: quella di approfondire i fatti, svolgere inchieste, senza timori reverenziali per nessuna parte politica, di fatto nicchia o fa finta di non vedere.
Qualcuno sospetta che, via Report, si stia giocando una battaglia dai lunghi coltelli fra la sinistra radicale (dalle ultime elezioni sostanzialmente in carico al WWF) e la sinistra “riformista”.
La destra, dal canto suo, gode stando alla finestra, assistendo a questa lotta fratricida.
Un'unica considerazione. Proprio la disabitudine a questo modo di fare giornalismo (che invece, implicitamente è un sale per la democrazia, nella sua accezione più pura), dimostra che l’utenza non è preparata. Tanto circostanziata e corretta è l’analisi di una situazione (dati incontrovertibili: il regime di monopolio nell’affare rifiuti è sotto gli occhi di tutti), quanto maggiore è lo sgomento di chi lo apprende via schermi televisivi e si sofferma sull’implicita “macchiettizzazione” di un protagonista, non proprio di secondo piano.
Già in passato, ai primi di maggio, ad urne appena chiuse per l’elezione del Sindaco di Roma, andò in onda una puntata simpaticamente intitolata “I Re di Roma”, dalla quale si è appreso dei giganteschi interessi che hanno ruotato intorno al Piano Regolatore Generale, fra il ceto dei “palazzinari” e il potere politico del Campidoglio nonchè la portata mefitica del cosidetto "accordo di programma".
Ora, non so di che ufficio legale disponga la redazione di Report. Immagino che avrà il suo bel daffare, con tutti i vespai che solleva, quando alza il coperchio su realtà che ci riguardano tutti. Quello che so è che a fronte di queste inchieste, che come si diceva una volta “non guardano in faccia nessuno”, proprio gli addetti all’informazione dovrebbero porsi quest’elementare domanda “ma io come me lo guadagno il pane ?”.
Report ne ha fatta un’altra delle sue. Ieri sera è andata in onda una puntata dedicata al problema dei rifiuti a Roma (“L’oro di Roma”)..
Nel corso della puntata è stato inserito un “fuori-onda” nel quale un assessore regionale, con linguaggio colorito, si esprimeva circa l’ineluttabilità che al momento, a Roma, ci sia un’unica Azienda che in totale regime di monopolio, ha in carico tutto il ciclo rifiuti (smaltimento, incenerimento, produzione di energia dai rifiuti combusti).
Oggi, si apprende dai lanci d’agenzia, l’assessore in parola presenterà le dimissioni. Tralasciando ogni e qualsiasi giudizio di merito (che già basta il carosello di voci, sinteticamente riportate a commento della notizia: c’è chi si è svegliato oggi, chi ne approfitta per regolamenti di conti “politici, chi ancora rincara la dose contribuendo a sollevare una tale nuvola di polvere che quella degli inceneritori, al confronto, è impalpabile cipria), la domanda è: cosa è che fa più scalpore ? Che un servizio pubblico, assolva a questa definizione, mettendo mano a quello che manca nel paese: ossia il cosiddetto giornalismo d’inchiesta, o il fuori.onda stile striscia la notizia ?.
Parliamo dell’Italia, non degli USA. Lì, con il Watergate, hanno mandato a casa dei presidenti.
Da noi, Saviano a parte, la disciplina è in ribasso. Vuoi per l’assetto proprietario delle testate. Vuoi per un ceto di addetti ai lavori che sostanzialmente espropriato di una funzione che gli dovrebbe essere connaturata: quella di approfondire i fatti, svolgere inchieste, senza timori reverenziali per nessuna parte politica, di fatto nicchia o fa finta di non vedere.
Qualcuno sospetta che, via Report, si stia giocando una battaglia dai lunghi coltelli fra la sinistra radicale (dalle ultime elezioni sostanzialmente in carico al WWF) e la sinistra “riformista”.
La destra, dal canto suo, gode stando alla finestra, assistendo a questa lotta fratricida.
Un'unica considerazione. Proprio la disabitudine a questo modo di fare giornalismo (che invece, implicitamente è un sale per la democrazia, nella sua accezione più pura), dimostra che l’utenza non è preparata. Tanto circostanziata e corretta è l’analisi di una situazione (dati incontrovertibili: il regime di monopolio nell’affare rifiuti è sotto gli occhi di tutti), quanto maggiore è lo sgomento di chi lo apprende via schermi televisivi e si sofferma sull’implicita “macchiettizzazione” di un protagonista, non proprio di secondo piano.
Già in passato, ai primi di maggio, ad urne appena chiuse per l’elezione del Sindaco di Roma, andò in onda una puntata simpaticamente intitolata “I Re di Roma”, dalla quale si è appreso dei giganteschi interessi che hanno ruotato intorno al Piano Regolatore Generale, fra il ceto dei “palazzinari” e il potere politico del Campidoglio nonchè la portata mefitica del cosidetto "accordo di programma".
Ora, non so di che ufficio legale disponga la redazione di Report. Immagino che avrà il suo bel daffare, con tutti i vespai che solleva, quando alza il coperchio su realtà che ci riguardano tutti. Quello che so è che a fronte di queste inchieste, che come si diceva una volta “non guardano in faccia nessuno”, proprio gli addetti all’informazione dovrebbero porsi quest’elementare domanda “ma io come me lo guadagno il pane ?”.