Da una scarna recensione su qualche rivista di culto, specializzata in libri [tuttolibri e l'inserto della domenica del Sole24] ho appreso dell'esistenza di questo testo. Fresco di stampa, l'ho trovato senza troppa fatica in una grande libreria di Roma. "Evento dell'anno", recitava l'immancabile fascetta.
"Candidato al Book prize", un'altra, e "Da questo testo, a breve un film diretto da Wim Wenders" un'altra ancora.
Con credenziali del genere, minimo aspettarsi un capolavoro.
E in parte lo è, ma di geometria che dilaga nella psicologia.
Il lato B. Il lato B, informa la nostra vita. E' dall'epoca del vinile, sia a 33 che a 45 giri, che il lato B riserva sorprese, spesso rivelandosi migliore del più coccolato lato A.
Il lato B, è il lato dell'outsider. Di quello che parte perdente. E' il suo territorio. Il lato B è come scendere col piede sbagliato la mattina dal letto. Il lato B, nelle sue infinite accezioni, calza anche quella del posteriore femminile. L'autrice, rimandando sottilmente a Flatlandia, rimarca la concezione bidimensionale dello spazio da cui discende la terminologia. Siamo nel medioevo geometrico, la terza dimensione, gli ologrammi sono ancora di la da venire. Eppure, la complementarietà del lato b, ne consacra proprio la funzione, come un qualsiasi gruppo di spalla, nel tour del gruppo di star. Senza lato B, non risalta adeguatamente il lato A. E la Kelowsky insiste molto su questo aspetto, nel tentativo di riabilitare un lato che nell'immaginario collettivo sottende un qualcosa di qualitativamente più basso, del suo opposto.
Un riscatto, la sequenza di aneddoti che il testo riporta. Da quelli dell'antico Egitto, dove, in forza della particolare maniera di affrescare le pareti (con figure tutte immancabilmente ritratte di profilo) a quando, dovendo dipingerle sul vetro, gli uomini addetti alla pittura speculare, sul lato opposto, gridarono al miracolo, quando ad uno di loro venne in mente di usare la lastra come un'antesignana porta girevole, in un gioco ottico degno dei fratelli Lumiere. Era l'inconsapevole invenzione del cinema, molti secoli prima dell'avvento della Pixar e dei fratelli Coen.
O ancora, quando all'indomani del Congresso di Vienna, al generale Metternich, (che per pura bizzarria faceva Clemente di nome) venne in mente che la cartina geografica della turbolenta Europa potesse essere dipinta su di un pavimento, ricorrendo alle policromie del marmo per distinguerne i confini. Fu un messo napoleonico che per gioco, nottetempo, ne disegnò il riflesso speculare sugli alti soffitti del salone. Quando all'indomani, all'esortazione dell'emissario del Papa, tutti alzarono gli occhi al cielo, prim'ancora che per invocare la pace, che per seguirne tacitamente l'esempio, ci fu un clamore generale, nell'accorgersi che la mappa, come per magia si fosse specchiata nel soffitto, rimescolando i confini e dando luogo ad altre, lunghissime trattative, interrotte dall'assaggio di incredibili Sacher torte, che la cucina imperiale non mancò di fornire ai suoi nobilissimi ospiti.
Il lato b. Sul retro di Brown sugar dei Rolling stones, c'era "Let It Rock" (di Chuck Berry) che fu registrata dal vivo presso l'Università di Leeds nel 1971; Isn't It A Pity su quello di My sweet lord cantata da Gerge Harrison, Ma non sempre il lato B, ha incontrato i favori del pubblico. Eppure, se non ci fosse, sembra dirci la Kelowsky, il lato A della nostra vita non sarebbe cosi bello e meritevole di essere vissuto.
Un testo da leggere di sera, quando dopo essersi rigirati nel letto una ventina di volte, il sonno stenta ad arrivare ed improvvisamente ci prende voglia di leggere qualcosa di assolutamente assurdo.
Annie Kelowsky. L'importanza del lato B, trad. Alfredo Mondo, Cantarella edizioni 16,00 €.
CIAK, SI GIRA!
4 giorni fa
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