06/04/09

Il mio terremoto

In America lo chiamano Hearthquake. A me un nome del genere mette paura solo a pronunciarlo. Anche se quak, o squaraquak, onomatopeicamente mi rimanda ai versi dei tre nipotini di Paperino. Ma stanotte, mentre l'ennesimo incubo mi vedeva intento, mio malgrado, a calpestare delle persone (sconosciute) con le gomme della mia macchina, illudendomi di lasciarli illesi, mi sono svegliato di scatto, avvertendo, insieme al terrore per l'incubo, il mio letto muoversi. Ho afferrato al buio il cellulare dal comodino, disinserito l'allarme, e sceso alla velocità del suono i gradini che mi separano dal giardino.

Insolitamente caldo, un coro di cani che abbaiavano e un concerto d'antifurti. Sono rimasto cosi, scalzo, in pigiama, a guardare la luna, offuscata da un leggero strato di nuvole (e umidità). Guardato l'ora, sul display del telefonino, le 3,33.
Mi sono chiesto se mia figlia, che vive con la mamma a Roma, stesse bene. Che fare ? Se telefono e magari non hanno sentito niente le faccio prendere uno spavento. Le mando un sms. Digito, senza occhiali, un “tutto bene ?” innocuo. Schiaccio INVIA e il messaggio non parte: il telefono era impallato. Riprovo, una, due, tre volte. E' stato a quel punto che ho percepito che qualcosa di grosso poteva essere accaduto. Rientro cautamente in casa, provo ad accendere la tv. Niente, i soliti programmi, faccio un rapido giro sui canali, vedo la faccia, rassicurante, di Obama dalla Cnn che di notte “rimbalza” su La 7. A quel punto, telefono. Erano sveglie, vagamente terrorizzate (abitano in un quarto piano) ma stavano bene e si, la scossa l'avevano distinta molto bene.

Ho atteso ancora, fumato non so quante sigarette, poi, vinto dal sonno, sono tornato a letto.

Oggi, mentre ero in giro per lavoro, la radio in macchina, accesa di continuo. Gli aggiornamenti, la conta delle vittime che cresce di ora in ora, le testimonzianze, le voci. La voglia di prendere una confezione di guanti da lavoro ed andare. La consapevolezza che sarei d'intralcio. La resa.
A sera, dal teatrino di Vespa, la percezione completa del disastro.

Sento un tecnico, forse Barberi, affermare “se questa scossa fosse avvenuta in Giappone o in California, non avrebbe prodotto nemmeno una vittima”. Allora mi chiedo, senza alcuna polemica, ma di cosa ha bisogno questo paese per lasciarsi alle spalle queste tragedie ?

Perchè lo Stato, per prima, non abolisce quell'assurdo meccanismo del ribasso della base d'asta che comporta, nella logica imperante del sub appalto, di dover vedere crollare edifici adibiti a strutture pubbliche, costruiti dopo tanti altri sismi, altre solenni promesse, poi puntualmente disattese. Allora dietro a certe scelte c'è l'uomo, la sua dignità. Rubare su un appalto, oltrechè criminale è indice di una idea della sicurezza degli utenti vicina allo zero. E' la logica del profitto, dirà qualcuno, no, forse è la sua degenerazione. Allora non accettiamo da uno Stato, che poi siamo, saremmo, noi, che conceda l'affidamento dei lavori con queste normative, con questi strumenti medioevali. Non devono esistere, in una nazione che si dice civile, leggi che legalizzano la ruberia, l'arte di arrangiarsi. Ribassi in base d'asta, significa dosare il cemento a 200 kg al metro cubo laddove è prescritto (e pagato) per essere a 350 kg. Stessa cosa per il diametro dei ferri. Ecco allora che dove non è l'età, vetusta, degli edifici dei centri storici dei piccoli paesini, costruiti in conci di pietra, anche edifici cosidetti “moderni”, roba costruita pochi decenni fa, si sbricioli, col suo carico di morte, per l'amara felicità di qualcuno, “costretto” a lucrare sulla bontà (e quantità) dei materiali a scapito della vita dei suoi simili.

Per non dover piangere ancora, storie come questa.

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