15/05/11

Dell'incapacità (o dell'inutilità) di descrivere il reale

Grandi affanni intorno. Tq lungi dall'essere una formula di trigonometria è la risultante di un tentativo di un nutrito gruppo di intellettuali che ha trovato spazio su una delle più prestigiose testate culturali: l'inserto Domenica del Sole24.

Non mi interessa. Trovo la letteratura, quella passione personale, coltivata leggendo nel tempo di tutto, prendendo sonore cantonate emozionandomi per rari, inaspettati, capolavori non sia riducibile ad una sorta di riedizione del tristemente noto minculpop.

Sono un outsider. Scrivo quello che voglio, quando voglio, non ho contratti. Non sono tenuto a seguire mode culturali. Sono arrivato a Carver alle prime edizioni, in forza di un puro gusto personale, anni luce prima che divenisse un mito.

Non ho filoni da cavalcare, terrorismo od ombelico, passo le mie giornate fra la gente, percorrendo strade, immergendomi in scorci che la natura è capace ancora di regalare ad una manciata di chilometri da quell'inferno chiamato Roma.

Non credo più a nulla. Mi muore la gente intorno. La vita, col passare degli anni, si incarica di donarti insieme profondità di pensiero e cinismo, lasciandoti il compito di non lasciar prevalere nessuno dei due. Vado avanti, mica so bene verso dove, ma cammino.

Cammino la domenica mattina, a piedi su viali deserti battuti dal vento finalmente caldo e da un sole incerto, cammino, dandomi un pretesto per uscire di casa e camminare, verso l'edicola.

Compro il giornale (almeno la domenica) e sorrido. Sorrido nel vedere come le narrazioni del presente, per il fatto stesso di essere stampate su carta che vanta milioni di copie tentino di presentarsi come il reale. Il REALE. Necessità di sintesi, bisogno di condensare, e pazienza per chi ci crede. L'approccio alle notizie è sempre più dubbioso. Non credo più a niente. La mia considerazione per chi ci amministra si consolida nei chilometri che percorro in coda, prigioniero in una macchina, costretto cosi da anni di malaffare. So questo. Del resto non mi importa.

So che pago la corrente una cifra importante, la benzina idem. So che l'energia è la moneta di questa gente. E la cosa, più di tutte, che gli da potere. So che la vita e la morte, per costoro, sono valori relativi. Che interessano in misura di quanti interessi sono in gioco. Centinaia di morti in Siria non valgono le vite perse in Libia, dove invece i giacimenti ci sono. E so che a costoro, in fondo, va bene cosi. Costoro se scrivono, lo fanno su fogli che paga qualcuno. Qualcuno che ha interesse a che le cose vadano cosi. E “smoke into your eyes” vorrei tanto che restasse solo il titolo di una canzone.