22/03/12

Se lo fa la Lavazza....













Ecco il secondo ebook pubblicato da Cletus Production.
Si chiama "Sia fatta la tua comicità-Paradise strips" l'ha scritto Pietro Pancamo e si trova qui:

Questa è la prefazione:

Scherza coi fanti e lascia stare i santi.
Va bene, ce lo hanno insegnato e le recenti cronache internazionali stanno lì a ricordarcelo.
Quello che Pietro Pancamo riesce a fare è difficile. Tenendosi in bilico, con una maestria inaspettata, sul rischio della blasfemia gratuita, ci regala un affresco di sanguigna ironia intorno ad un tema considerato, nel nostro Paese, sostanzialmente un tabù.

Scorrendo le sue pagine, interrotte da sonore risate, vengono a galla immagini, situazioni, che chiunque abbia avuto modo di viverle nella sua adolescenza, difficilmente potrà fare a meno di trattenere. E allora, con tono lieve, dopo un primo momento di sconcerto, ci si lascia prendere facilmente dall'incedere del racconto. Dove il gusto per l'assurdo viene incontro, con una padronanza di linguaggio rigorosa e semplice nello stesso tempo, ad una visione surreale di un'aldilà corrotto, permeato dai guasti del nostro vivere sociale, e ridotto ad una dimensione più umana, nei suoi meccanismi, che ce lo rende più sopportabile.

Non è facile riuscire a far questo maneggiando religione. Pietro Pancamo aggiunge la sua voce, ferma, irridente e forte, a quelle degli autori che girano intorno a Cletus Production.
Fatale che nell'ottica di condivisione che ci pervade, abbia trovato un suo, più che meritato, spazio.

Cletus Alfonsetti

14/03/12

Un banale caso di omonimia. (presto risolto)


















Ieri, verso l’ora di pranzo.
Intento a preparare qualcosa di vagamente commestibile, accendo per consuetudine la tivvù a quell’ora sintonizzata sui vari tg. Ne ascolto tre di seguito, prima quello del tg2 all’una, poi il tg1 all’una e mezza, e infine il gazzettino regionale che va in onda, per non far torto a nessuno, su Rai3. A seguire, se il pasto è stato particolarmente laborioso, a volte anche il tg3 delle 14,30.

Tanta fame di notizie, almeno stando alle parole del mio terapeuta, che non manca di esortarmi a farmi sostanzialmente i fatti miei, mal si coniuga con una leggera sindrome maniacal depressiva. In ogni caso, pur interrompendo con delle sonore risate, ogni tanto, mi ostino a guardarli tutti, mentre tagliuzzo cipolla, controllo il sale, scolo la pasta e gratto il parmigiano.
Insomma, l’altro giorno, mentre stavo facendo tutte queste cose sono rimasto di stucco ascoltando la notizia debitamente sparata da quasi tutti i tg. A Palermo, un incensurato cinquantenne, si dilettava a prendere di mira le vecchiette negli androni dei rispettivi, immagino signorili, palazzi.

Fin qui, nulla di strano, nell’ottica della sapiente diffusione del terrore, è oramai un must che i media si esaltino davanti a notizie come queste che sembrano fatte apposta per sollecitare la gente (in ispecie se ha una certa età) ad affidarsi ai servizi di consegna a domicilio della propria spesa…o a qualche nipotino diligente pratico a smanettare magari su Internet, per un certificato, per l’accreditamento di una pensione, per il nolo di un film porno… Tutto questo è stato niente però fino a quando non hanno detto per esteso, e scandendo bene bene le parole, il nome dell’incauto et improvvisato rapinatore (che è risultato essere persona stimabilissima e risoltasi al crimine grazie ai quei buontemponi di WallStreet).
Antonio La Malfa. Sissignore. Proprio cosi. Di colpo ho mollato lo scolapasta (e con esso per poco non rovesciavo nel lavello i 200 grammi di rigatoni testè scolati). Cazzo, Antonio, Toni La Malfa, ma che hai fatto ?

In una frazione di secondo ho rimandato indietro il film. Uno stimato dentista col pallino della scrittura che però sapevo essere si, di natali siciliani, ma stabilmente radicato in quel di Lucca. E’ vero che oggi con un aereo in un’ora sei dovunque…ma davvero potevo credere che si trattasse di lui. Da un ascolto distratto, al semplice ascolto di quel nome e cognome ho cominciato a prestare attenzione. Diobono, Toni…sapevo che c’era la crisi anche per i dentisti. Che la gente si tiene i denti marci e va avanti coi colluttori a garganella piuttosto che affrontare le spese per i ponti (lo vedi ? Ancora la Sicilia…oramai è diventato un sinonimo quello di Messina)…Sapevo anche dei problemi finanziari che tutto questo casino sta comportando…(al punto che il mio inconscio, essendo stato licenziato da poco, deve aver prestato una maliziosa attenzione a tutta la faccenda).

Insomma, ho faticato un po’, devo ammettere prima di convincere me stesso (non è impresa facilissima) che trattavasi di omonimia e non del mio caro amico compagno di penna che c’ha pure un blog e scrive cose degne e che si trova qua e che quando leggerà questo post magari si incazzerà e insomma oggi è solo mercoledi, manca ancora un po’ a Pasqua…e magari una capatina a Palermo…città dagli splendidi androni, vedrò di metterla in cantiere.

Un popolo di santi, omonimi e criminal mind occasionali. Ecco cosa stiamo diventando.


fonti: la notizia
il blog di Toni La Malfa

09/03/12

La ricaduta socialmente utile della recente commedia all’italiana.



























Staccati due biglietti, a distanza di pochi giorni. E’ un periodo che non va, e mi vado volutamente a infognare su titoli che promettono leggerezza, qualche sana risata. Massaggi per il cervello. Decompressione.

Ora, lungi dal voler affettare il tono snobistico di tutta l’operazione, due rapide considerazioni.
Il film di De Luigi (nemmeno ne ricordo il titolo…ma come sto messo ?) ah, si, “Come è bello far l’amore” e l’altro di Verdone “Posti in piedi in paradiso”, sono solo due fra la gran mole di pellicole che, sarà un caso, in tempi grami e bui come questo, si incaricano di far sorridere.

Ricordo ancora la battuta di un Nanni Moretti avvelenato..all’indirizzo di un gestore di un bar che stava per chiudere la saracinesca….”…ve li meritate i film di Alberto Sordi”.

Una domanda è: è lecito abbandonare il criterio della qualità ? Siamo nei dintorni di un manifesto del disimpegno ? Entrambi i film, in modo diverso, si incaricano di indagare nei fenomeni sociali.
Il primo, quello di una coppia in crisi di appetiti sessuali. E ci lavora sopra, maramaldeggiando su facili costumi, ipocrisie, scorciatoie…insomma ne ha da pescare…nel mito del macho italiano.
L’altro, quello di Verdone, attinge al dramma dei padri separati (e squattrinati). Verità, quindi, come base di partenza. Il primo indugia sulla sessualità della coppia, l’altro su un fenomeno sociale del quale pare se ne sia accorto anche l’Istat.

La valenza dell’ironia è risaputa. Medicina in grado di farci digerire (o quanto meno tollerare, circoscrivere) la portata dei drammi. Merito quindi, ad un supposto effetto placebo, (o a lento rilascio, come amano recitare i più arguti bugiardini di talune medicine).

Si esce dalle sale, consapevoli di non aver chiesto altro, all’atto dell’acquisto dei biglietti.
Resta però un tarlo.Quello di domandarsi se, ma è domanda puramente retorica, sull’argomento fossero stati chiamati i mostri sacri della ormai consacrata Fu-Commedia all’italiana, l’avrebbero girato allo stesso modo ?

In altre parole, sia Brizzi che Verdone vanno ritenuti dei consacrati prosecutori di quella scuola che ha fatto la storia del cinema italiano, o più semplicemente dei validi artigiani che in qualche modo tentano di rifargli il verso ?

Nella fattispecie, e a puro esperimento “tattile”…dal primo film, all’uscita della sala avevo ancora dei crampi alle mascelle e tutto sommato, l’aspettativa non è andata delusa: il film riesce a strapparmi delle sane risate. Dall’altro, quello di Verdone no. Esci dalla sala con un retrogusto amaro, appena dissipato dall’abile scelta della colonna sonora. E allora lì che ti viene il sospetto:
eccesso di immedesimazione (la mia, infondo, non è situazione di molto dissimile da quella dei tre protagonisti) o avverti, di sottotraccia, l’intento nobile di averne voluto fare comunque un momento di riflessione ? In tal caso, magicamente, resti spiazzato nelle tue granitiche aspettative iniziali, e ti ritrovi a combattere con il sospetto che il film poi ti lasci con qualcosa da metabolizzare, per conto tuo, a intervalli incerti, ma comunque incapace di stabilire se dovuto ad un preciso intento della regia o frutto di tue pippe mentali. E in tal caso, è motivo di riscatto ? Velleità sociali del regista ?

Ammetto di non aver chiaro. Ci lavorerò su, lasciando che il tempo aiuti a definire meglio la sensazione. In ogni caso, anche bene per parlarne poi in termini non esattamente entusiastici, andateli a vedere.

02/03/12

Aedo













Se ne è andato un grande poeta.

Lasciate che racconti il “mio” Dalla. (che è uno che ti fa male, con quello che canta, con quello che scrive).

Borotalco. I miei vent’anni solforosi. Eccessi, il festival della frenesia. Un film di Verdone banale, nel quale una Eleonora Giorni, impazzisce per il nostro. Nella Roma dei nuovi quartieri che venivano su come funghi, i tempi d’oro dei palazzinari, che nel frattempo, indisturbati costruivano fortune mentre ci lasciavano a giocare ai soldatini.

Dalla, ancora, con i suoi dischi di quel periodo, ha incarnato per me la figura di un aedo. Qualcuno che anche fosse stato bendato aveva il dono di racchiudere in un paio di versi trattati di sociologia, meglio e più di qualsiasi annuario Istat.

Mica facile, è un dono. E il suo low profile l’ha aiutato in un paese pronto a celebrare i suoi miti per dimenticarli subito dopo. Sempre un passo indietro, mai imponente. Un gran signore.

Buon viaggio, Maestro.


PS. è da ieri che riascolto in loop la sua Nuvolari. Capolavoro.