13/09/14

Perdere un cane, oggi in Italia



















Mi è toccata in sorte l’esperienza di perdere un cane.
In passato ne ho avuti diversi che purtroppo sono morti chi per vecchiaia, chi per malattia (quasi sempre razza Boxer, la maledetta lesmaniosi).
Ma mai quella di privarsene per una fuga.

Forse, nella gamma dei dolori che provocano questo genere di avvenimenti, il peggiore.
Sono dovuto partire per qualche giorno. Ho affidato, ritenendo di far bene, la piccola barboncina Olly nelle mani di mia figlia, ventenne, che l’ha avuta piccolina, per poi affidarmela dopo poco tempo. Da quattro anni Olly vive con me..

Per un insieme di errori, il mio quello di affidargliela, il suo, che una volta accettato l’incarico ha pensato bene, per leggerezza, di lasciarla incustodita in un giardino di una casa di amici senza aver verificato prima la possibilità che scappasse, insomma Olly è sparita.

Sparita a Lavinio. Un gruppo di case, venute su nel tempo, tagliate da strade regolari, a ridosso del mare. Quartiere di tipiche seconde case al mare dei romani e di pochi residenti stabili.

Cosa può essere successo? Olly, alla disperata ricerca dei suoi padroni potrebbe aver preso l’iniziativa (va a sapere cosa provano i cani…) di uscire attraverso un varco sufficiente a far passare il suo piccolo corpicino. Una volta fuori, poche alternative, entrambe tragiche. Complice la notte, il mantello scuro, le dimensioni ridotte, l’assoluta incapacità di abituarsi alle auto (ogni volta che entravo in casa con l’auto, o stava sulle mie ginocchia o chiusa, al riparo, dentro casa), essere finita sotto una macchina, oppure (come mi auguro) presa da qualcuno che transitava da quelle parti, e che avendola notata, complice la sua abitudine di far le feste a tutti, potrebbe averla presa con se.

Dettaglio non trascurabile: al momento della fuga indossava ancora la pettorina nera per il guinzaglio, segno inequivocabile ai più, che è di proprietà di qualcuno e che non è un randagio.

Da allora il buio.

A poco, finora, sono valsi decine e decine di annunci stampati su fotocopie e disseminati nella zona (bar, edicole, parrocchie, studi veterinari) né l’obbligatoria denuncia di smarrimento fatta alle autorità). A poco ancora il tentativo dettato dall’intuizione che trattandosi di seconde case potesse essere, anziché ancora in zona, magari a Roma, come quello di far uscire un’inserzione a pagamento sul quotidiano maggiormente diffuso a Roma, nell’edizione della domenica che conta maggior tiratura e quindi maggior numero di lettori disposti anche ad aver tempo, essendo domenica, a leggerlo, e sensibili al lato economico della faccenda, come quello della ricompensa. Solo la solidarietà di persone stupende, come un conduttore radiofonico di una radio di cui non ho capito nemmeno bene il nome, che mi ha chiamato e fatto raccontare "in diretta" la storia e un galantuomo della Protezione civile, che si è offerto di condividere "con i suoi uomini" l'appello e la ricerca.

E poi ancora Facebook. Non si ha idea della quantità di pagine che raccolgono gli appelli disperati di persone nelle mie analoghe condizioni. Una Spoon river della sofferenza che solo chi ha avuto un rapporto con un animale domestico (essenzialmente cani e gatti) può capire. C’è un’umanità in Italia che si affida alla rete nella speranza di rientrare in possesso dell’amato bene.

La personalità umana, come un diamante, è ricca di sfaccettature. Nell’economia degli affetti di ciascuno, lungi dall’ergersi a giudice delle emozioni altrui, è facilmente intuibile capire quale peso abbia nella sfera dei propri affetti. Certo, al riparo di derive, ma la compagnia di queste bestiole è un ottimo viatico per le rispettive solitudini.

La mia casa è vuota senza un animale di pochissimi centimetri, ma capace di colmare un vuoto molto più grande di lei. Fatale che ancora la cerchi, mi venga di chiamarla, di ripetere gesti ormai divenuti rituali, come quello del biscottino al risveglio, o del lancio della palla da tennis in giardino che aspettava, ansimante, con la linguetta di fuori, per poter scorrazzare a palla sull’erba.

Non è un dolore facile da descrivere. Ti accompagna. Ti si incolla dentro, come una nota stonata in un quadro dall’equilibrio perfetto.

Eppure. Olly era dotata di microchip. Vieni ad apprendere che esistono veterinari compiacenti che sono in grado di asportarlo. Vieni a sapere che rari o inesistenti sono i controlli “random” delle autorità preposte, l’assenza di una banca dati nazionale (degli animali smarriti). Insomma, nell’evolutissima Italia, nella patria della civiltà giuridica, non esiste per il cittadino che incorra in questa “disgrazia” alcuna tutela, ancorché normativa.

Certo, il possesso di un cane trovato dotato di microchip è ritenuto reato. Ma nell’immaginario collettivo deve essere ritenuto grave come quello di  parlare amabilmente con il cellulare all’orecchio mentre si guida.

Con il passare dei giorni, al dolore che solo chi possiede un animale può intuire, subentra una sorta di elaborazione del lutto. Tieni d’occhio i siti, metti e rimetti annunci. Ti affidi a quel briciolo di compassione che solo chi possiede o ha posseduto un animale è in grado di comprendere.

Sto meditando di aprire una pagina facebook dal titolo, come fosse quello di un film, tipo “Olly torna a casa!”. Non è escluso che lo faccia. Includendo le foto i filmati le note e i pensieri che una convivenza di anni ha contribuito a consacrare al pari, quasi, di un rapporto con un altro essere umano.

Intanto, oggi, sabato 13 settembre, sono due settimane che quella sagoma nera, pelosa e scodinzolante, non riempie con la sua perenne allegria le mie giornate.

Torna, ti affidi a quella cosa che chiamano speranza. Speranza che qualcuno, posto non sia morta finita sotto un auto, che l'abbia presa in custodia, possa aver compassione sufficiente per restituirla ai legittimi proprietari.

Grazie.



questo è l'annuncio fatto uscire sul Il Messaggero, domenica 7 settembre: