08/10/15

The Martian. Elogio “funebre” del Sindaco Marino.

















Ci si è messo anche Crozza. Diciamolo subito: la vicenda di cui si sta celebrando il tristo epilogo ha avuto nell’interprete principale uno che ci ha messo pesantemente del suo (e prima il Papa, e poi gli scontrini...).
E’ quanto sconsigliano di fare quelli del famoso Actor’s Studio. Attenersi al copione. L’attore ha voluto strafare. Si è fatto prendere la mano. Fino a che adesso sta facendo la fine di Matt Dillon, tutti via sull’astronave, lasciandolo solo (per quanto ancora? Minuti, ore, qualche giorno?) sul Campidoglio.

I “fatti”. A volte nel bizzarro modo di proporre candidature succedono cose strane. Marino arriva alle elezioni contro un Alemanno alla frutta, forte del risultato di alcune primarie.
Marino è un “absolute beginner” per quanto riguarda la Capitale, tanto di più (ma qui vado a braccio) per occupare lo scranno non dico di un qualsiasi comune, ma della città di Roma.

Ora, per coloro che hanno in sorte il vivere lontani dalla città, il degrado cui si imputa l’inefficienza del Comune è figlio di decenni di sistematici ladrocinii, col beneplacito di tutte le parti politiche che si sono succedute alla più alta carica del Comune.

Non ha vita facile, il nostro. Come Matt Dillon dovrà far forza ad altre sue attitudini ma forse proprio la professione medica deve averlo indotto a ritenere che l’infezione fosse cosi diffusa da convincerlo a portare le carte degli appalti degli ultimi anni sul tavolo di un magistrato appena sveglio e sufficientemente libero da potersene occupare con serenità professionale.

Il resto è storia di cronaca. Nera, purtroppo. Gli intrecci fra il bisonte amministrativo e la criminalità ci mettono poco a venir fuori. Si rompe il giocattolo. Marino a dirla tutta non se ne è neppure troppo vantato. Ma è un dato, oggettivo. Con buona pace di tutti coloro che oggi si indignano per qualche cena maldestramente “accollata” alla collettività.

Ben altri banchetti, per anni, si sono consumati su quel Colle. Indisturbati.
Oggi, gli autori di quel “vivi e lascia vivere” che ci ha portato a vivere in una città mai libera dal giuoco papalino e avvezza, stante l’indole tipicamente capitolina, a farsi scivolare di tutto addosso. Dai Camion ristoratori sotto ai monumenti, ai tavoli sui marciapiedi dei ristoranti del centro, alla lobby dei tassisti, a quella dei vigili urbani (autori quest’ultimi della celebre "Capondano night fever"), dai gestori della lobby dei balneari a tante piccole micro categorie di cittadini che prim’ancora che al bene della città hanno, da sempre, privilegiato i cazzi propri e tacitamente sopportato chi faceva altrettanto nei loro confronti.

La parabola di Marino, che proprio in forza di questo suo essere “Marziano” a Roma mai ha goduto della simpatia dei cittadini, è il simbolo di una sconfitta. L’immarcescenza della logica beghina, bottegaia, terribilmente provinciale che condanna quella dovrebbe essere la Capitale del mondo del turismo, ad una dimensione che è insieme lo specchio dell’arretratezza, del perdurare delle logiche di caseggiato, dell’improvvisazione, quando non del malaffare vero e proprio.


Applausi allora. Il digiuno sta per finire, le fameliche bocche di tutte queste categorie, appena scalfite (invero avrebbe potuto fare molto, ma molto di più) potranno a breve riprendere a mangiarsi Roma, o ciò che ne rimane.

05/10/15

Fenomenologia della pulsione urinaria.

Da giorni sta “passando” (tranquilli, è un gerundio) in tv uno spot che sulle prime mi ha sconcertato nel tentativo di comprenderne la logica sottesa.






Lo spot, ambientato in una camera da letto, vede nell’ordine:
una sveglia che segna l’ora (ovviamente diversa ad ogni inquadratura), una moglie distesa a letto e dall’espressione via via più incuriosita, con un vago accenno, peraltro molto contenuto, di incazzatura. E poi c’è quest’uomo, in un pigiama, che esclama all’indirizzo della moglie esterrefatta, frasi tipo “ho sentito un rumore…”, “…avevo sete”, “qualcuno (chi? Vivono da soli? Hanno figli in casa? Sono entrati i ladri?) ha lasciato la tivu accesa” e ancora il più classico “…ho sentito un rumore strano”.

La narrazione dello spot cambia inquadratura. La scena è della moglie che esce (o entra non ricordo) da una farmacia con un medicinale per curare la prostata (e immagino contenere la pulsione a urinare frequentemente soprattutto la notte).

Happy ending, lui porta un vassoio con la colazione a letto (la camera, va detto, stavolta è ovviamente illuminata dal sole del mattino)…e pronuncia qualcosa di carino (che pretende di essere spiritoso).

Ora. Mi sono chiesto cosa intendesse. Quale fosse il sottotesto. No, non sono ancora del tutto rincretinito. Ho delle ottime chances, ma non è ancora il momento. Ho faticato a comprendere la sequenza di frasi dell’uomo. E alla fine credo di esserci arrivato.
Quell’uomo, profferendo quelle frasi (ideate da un criptico copy) sta semplicemente scusandosi. Si sta scusando con la moglie per le frequenti “visite al bagno” per fare plin-plin.
Lascia intendere che ci sia della vergogna, dietro.

Guardiamola, proviamoci, dal punto di vista di “lei”. Questa donna ha un marito con un problema. Ok. Ammetto che se hai il sonno leggero ti può rompere le balle essere svegliato/a nel cuore della notte enne volte, quale che sia il motivo.

Ma se gli scappa di fare pipì è una malattia? E’ una cosa di cui vergognarsi? E perché?
Probabilmente una moderata assunzione dei liquidi aiuterebbe a contenere questi tour della liberazione.

Le ipotesi, le soluzioni.

La più ovvia: dormire in camere separate. Casa permettendo, ovvio. Vuoi mettere la libertà di fare quello che si vuole senza infastidirsi a vicenda? (puoi leggere, scrivere, guardare la televisione, dormire, russare se del caso) senza che ciò arrechi disturbo.

Parlarne con il partner. A volte il dialogo scongiura tragedie, traumi, separazioni. Sei un aficionados “delle tavoletta alzata”? Ammettilo, fai “coming-out”, liberatene, vivi meglio insomma questa naturale pulsione che gli altri vogliono demonizzare, pur di vendere qualche pillola magica che ti trasforma di colpo in una di quelle piante da interno che vanno annaffiate a ritmi equinoziali.

A che pro? Anni e anni di liberazione sessuale, l’emancipazione della donna trasfusa nella narrazione spottistica, ad una posizione subalterna, di vessazione, impossibilità ad espletare una funzione altrettanto naturale come quella di dormire, se possibile indisturbata, una manciata di ore per notte.

E’ veramente triste, raccontare l’intimità di una coppia in questo modo. L’orizzonte è il pannolone (magari dispensato dal Servizio sanitario nazionale, tagli o non tagli). Ma lo spot è fastidioso al di la della sua reiterazione. Fa il paio con un altro, fortunatamente sparito dagli schermi, cui sarebbe spettato, in un ipotetico festival del cattivo gusto, il premio dei premi, il “certain regard” della cafonaggine nella quale si faceva insistito riferimento “alle perdite di urina” e agli immancabili “cattivi odori”.

Come me, immagino tanti altri, magari in quel momento stanno spalmando marmellata su una fetta biscottata e non ha alcuna voglia, nemmeno immaginaria, di vedersi riproporre temi che un briciolo di buon senso vorrebbe tenere fuori dall’esplicito di uno spot per quanto paraculo e accattivante possa essere stato pensato e realizzato.

In altre parole. C’è un limite che nessun codice potrà mai incaricarsi di stabilire, ma che attiene alla sensibilità di ciascuno. Quello di non vedere “sdoganate” funzioni corporali sulle quali, non a caso i nostri nonni, avevano un bel tacere o facevano ricorso a garbati giri di parole (di cui peraltro la lingua italiana è feconda fucina), senza che vengano sfruttate in modo cosi esplicito e volgare dalla sacrosanta esigenza di comunicazione di questa o quella casa farmaceutica (o di sussidi terapeutici, assorbenti et similia).

Adesso, scusatemi, vado al bagno.

PS. Sul punto, e solo vagamente in argomento, si veda una sequenza spassosissima nella sua tragicità, di un film interpretato da Jack Nicholson, credo si chiami “A proposito di Schmidt”. C’è lui che, freschissimo vedovo, va in bagno per fare pipi. Sta per “abbassare la tavoletta” e mettersi seduto per farla…quando gli sovviene il suo attuale stato civile e con un gesto di liberazione si alza, si mette di spalle alla macchina da presa e con un sospiro di sollievo si occupa dell’operazione come da chissà quanto non faceva,  lasciando intuire allo spettatore mediamente attento quanto vessato fosse fino al momento. (per la scena, andare al minuto 40:50 del film, qui- ).