25/06/09

Cletus Entertaineir ltd part one


Il parto è stato sofferto. Ho dato fondo alle ultime risorse rimaste, venduto un pacchetto di azioni Enel sottoscritte nel 1999, collocato su ebay diversi oggetti di cui mi volevo disfare, ricavandone ben poco, attinto alla misera liquidazione da un paio di aziende per le quali ho sgobbato per svariati anni. Ma insomma, è fatta. Il notaio ha sancito, con la stessa aria che un anatomo patologo potrebbe avere davanti ad una carcassa di zebra investita sul raccordo, l'atto di nascita della Cletus Entertainer, come “costola”, cosi ha detto, nemmeno si trattasse di un macellaio, della già vigente Cletus Production.

I locali, presi ad un'asta fallimentare, si trovano in una rampa di un mega garage metropolitano. L'accesso non è un granchè, non è visibile da strada, ma in compenso sono ampi e infestati da un numero tollerabile di topi. Chiaro che ho subito trasferito qui il mio gatto.
Il furgone, preso a rate, da un deposito di mezzi di seconda mano. Fra carrozziere e scritte pubblicitarie, costava meno comprarlo nuovo. E' sicuro ? Mi ha detto il venditore, con la stessa aria del dentista de Il maratoneta, si, quello di Dustin Hoffman. Sicuro de che ? Mi veniva da dirgli, e infatti, poi, uscendo dal piazzale gliel'ho detto. Lui è rimasto in piedi, nel suo completo da postal market, sotto un sole feroce e nemmeno sudava. Tanti auguri, mi ha detto.
Mentre inserivo la seconda, mi sono anche grattato le palle. Non si sa mai, ho pensato.

Per i telefoni per ora non se ne parla. Utenze mobili, mi ha detto l'operatrice, come se mi stesse passando la sestina vincente del superenalotto. Ci vorranno mesi, la ditta alla quale erano intestati prima è in contenzioso e fintanto che...non se ne parla, mi spiace. Ma si capiva che non gli dispiaceva un cazzo, in realtà. Era come se avesse messo su un disco, o stesse leggendo uno straccio di piano bi, come amano dire adesso.

I vestiti sono stati presi da un banco a Porta Portese. Non sono in pessime condizioni. Un bel lavaggio a secco e igienizzante, dopo di che saranno pronti per consentire ai collaboratori di emulare il miglior clown del cirque du soleil. Insomma, c'è tutto, possiamo partire.
Mancano i clienti. Cosi, durante le mattinate (ho preferito il turno di mattina...) in cui sto seduto ad una scrivania Ikea, senza nemmeno la possibilità di zonzolare sul web (dato che di telefoni, come detto “non se ne parla” e la connessione via chiavetta per vedere un paio di lit-blog e siti di soft-porno (non necessariamente nell'ordine) costa quanto un weekend alle Mauritius), mi porto da leggere.
Il tempo materiale, adesso tocca a lui. Il tempo materiale è quello che vedo trascorrere sul grande orologio a parete con una scritta di una ditta di trasporti, che il venditore del furgone ha voluto regalarmi a mò di optional, come quando una concessionaria ti regala un misero portachiavi fatto a Taiwan, per ringraziarti di esserti messo sul collo una porzione consistente del loro sostentamento.

Verso mezzogiorno, proprio mentre stavo girando la pagina dieci, suona il cellulare. PRIVATO c'era scritto sul display, Una voce roca, da Al Pacino raffreddato. Siete voi che organizzate sorprese ?
Si, rispondo con piglio professionale (costui ha una voce simpatica ed è il primo essere vivente con il quale parlo da stamattina, a parte il gatto).
Devo fare una festa, mercoledi e voglio una sorpresa.
Bene, ha trovato la ditta giusta, dico trionfante, che genere di sorpresa, Signor ?
Lasciamo stare i nomi al telefono, mi dice sbrigativamente.
Non ha magari già un'idea ? Chi è il festeggiato ?
Lei fa troppe domande, sa ?!
Resto basito per qualche secondo, poi accendo il registro assertivo.
Ho capito, ci tiene alla privacy, Posso sapere almeno l'età ?
Mia o della persona che festeggia ?
Sto per dirgli, di entrambi ma capisco che non è il caso...cosi, mentendo spudoratamente, dico: del festeggiato.
E' una donna.
Ah, della festeggiata, allora.
Non lo sa che non è carino chiedere l'età ad una donna ?
Si, certo, volevo solo capire se si tratta di una bimba, di una ragazza o di una donna.
Una donna.
Mi trattengo dal chiedergli in quale relazione di parentela potrebbe essere annoverato il suo rapporto con lei, dico per conquistarmi la sua simpatia. E la cosa funziona.
Senta dobbiamo incontrarci, mi dice.
Bene, può raggiungerci qui in sede, se crede, abbiamo i cataloghi, i costumi...
Naaa, ci vediamo al porto. Stasera, verso le dieci. Ho una ford bicolore, marrone e bianca, non si può sbagliare, molo sette.
Ho un furgone Ford Transit anche io, rosso con la faccia da clown sulle fiancate, non sarà facile sbagliare nemmeno per lei.
Bene.
Bene, a più tardi.
Click.
Click.

[continua]

24/06/09

Graffiti soul. l'ultimo cd dei Simple minds

A cadenze imperscrutabili, tornano in sala d'incisione e ci regalano un disco.

Graffiti soul, è il titolo del loro ultimo lavoro. Il sound quello di sempre, possenti riff di chitarra, voci ieratiche, e in breve il loro marchio di fabbrica, tanto tanto ritmo.

Su tutti spicca la traccia 3, Stars Will Lead the Way che sto ascoltando a ripetizione da qualche giorno.
Un insieme di toni, dietro ai quali, solo a tratti si intravede il rischio dell'autocitazione, del riproporre sempre la stessa musica. Ma è un peccato che rimane facile da perdonare, dietro comunque l'intento onesto di continuare a raccontarci cosa ne è di loro, la vecchia possente band scozzese, che ha incantato le platee mondiali dagli anni 80.

Cito, su tutte quest'esibizione live di tanti anni fa, di Mandela day.
Da notare, per gli amanti del genere, la pulizia "da metronomo" della chitarra ritmica tutta in "levare" che si può dire "tiene" il pezzo.

Grande bravura, e un tuffo nel passato.

update: notevole anche l'ultima traccia (10) una cover di un celebre pezzo di Neil Young, "Rockin in the free world".

23/06/09

The game


L’altro giorno un’amica compiva gli anni. Era da tempo che volevo provare l’ebbrezza di una festa a sorpresa. Cosi, con l’aiuto della sorella e di qualche altro amico, abbiamo messo su la cosa, preparandola, per quanto possibile, in ogni dettaglio.

Per i cibi ci siamo divisi i compiti. Per i vini e le bevande (c’erano anche diversi ragazzini d’età variabile fra i 15 anni e i 2 mesi) c’ho pensato io. Per i dolci ci siamo affidati ad una pasticceria che confeziona dei semifreddi da ricovero. In breve: c’era tutto.
Abbiamo pensato anche alla musica. Una compilation con i brani dance dei mitici anni ’70-80.

All’ora stabilita gli amici, in tutto una dozzina, si sono dati convegno. Aperitivo, preparativi, macchine parcheggiate distanti per non insospettire. Il piano prevedeva che, passato a prenderla con l’idea di andare a cena in centro, fingessi d’aver dimenticato qualcosa a casa, tanto da dover tornare.

L’aspetto romantico della cosa è stato un tavolo imbandito con un boquet di rose gialle, una bottiglia di spumante e un paio di flut. Scesa insieme a me, l’amica ha intuito qualcosa…o forse ha interpretato questa, come una carineria a lei riservata. Il fondo l’ho toccato quando le ho chiesto di entrare un momento in casa a prendermi qualcosa…(lì mi sono impappinato…). Lei mi ha guardato perplessa infilandomi con un…”e le chiavi ? Hai mica lasciato aperto…?”
Ho balbettato qualcosa, sollecitandola ad entrare comunque….
Appena aperta la porta….stipati al buio e in religioso silenzio nel salone…si sono accese le luci e tutti gli amici hanno intonato il classico motivo “tanti auguri a teeeee…”. Contemporaneamente dallo stereo è partito, a tutto volume il brano degli Chic….”freak out,le freak is chic…”.

Ecco, l’espressione di meraviglia che le è transitata sul volto è la moneta che m’ha ripagato.
La sorpresa.

Posso dire, vivo per la sorpresa. Adoro il portato liberatorio dell’irruzione dell’imprevisto nel quotidiano. Lo trovo salutare. In grado cioè di rompere con la stantia successione di giornate, momenti, dettati dall’acquiscenza, silenziati in un trantran spento e scontato nel quale si spendono molte giornate di questa nostra esistenza.

E ho associato il tutto ad un film, che giudico mitico anche a distanza di anni. Girato dallo stesso regista di altri capolavori (Seven, The fight club, alcuni Alien, Lo strano caso di Benjamin Button) è David Fincher, e il film, è The Game, del 1987, (attori Sean Penn e Michael Douglas).

Allora il cervello subisce altre sollecitazioni, e volendo essere disposti ad immaginare la propria, come un’esistenza da fumetto, ipotizzare la creazione di una branchia della Cletus Prodction che si incarichi di organizzare, dietro adeguato compenso, eventi di questo tipo. Ne potrebbe nascere un filone...e sarebbe uno di quei rari casi nei quali, all’esigenza di sostentamento si associa un infinito piacere, con una fortissima impronta ludica.

Chissà…a breve, in città (e dintorni) potreste incrociare dei furgoni rossi, con enormi facce da clown dipinte sulle fiancate, e la scritta a caratteri cubitali…Cletus Production, divisione The Game.
In piccolo: Animazioni, feste a sorpresa, eventi, un indirizzo email e un recapito di telefonia mobile.
Molto mobile.

21/06/09

L'ubicazione del bene, di Giorgio Falco




La rete serve, anche, a questo. Seguire un link dal sito vibrisse che porta al sito di genna, e da questo cliccare ancora su un estratto, in pdf, del libro di Falco.
Poi, reduce da un acquisto impegnativo per celebrare il compleanno di un'amica, con ancora la busta ingombrante con i loghi della maison impressi sopra (ma prontamente camuffata in una busta con maniglie in cordino, comprata in una cartotecnica, poco dopo) entrare in una Feltrinelli e chiederlo ad una commessa stanca del gran caldo delle sei di pomeriggio di una metà giugno, nel centro, asfissiante, di Roma.

Poi, arrivati al sabato, complice il tempo cretino che trova giusto ingrigirsi proprio per il fine settimana, sbragarsi sul divano, mettere su qualcosa di rilassante nello stereo, e spararselo nel giro di qualche ora.

continua a leggere in Bottega di lettura

14/06/09

Adesso però ridatece anche John Belushi





















La tesi, malamente auto-formata nel mio cervello, secondo la quale il vero e unico spettacolo per il quale valga la pena possedere un televisore siano i tiggì (e nemmeno tutti) si nutre di un nuovo capitolo.

Sono rimasto colpito dalla somiglianza del look fra i nostrani epigoni delle ronde e coloro che sono stati immortalati nel celebre film The Blues Brother. Allora il cervello comincia ad accelerare.

Sei la persona più incline alla tolleranza e rispettosa degli obblighi di legge che abbia mai calpestato l'italico suolo. Sei in auto, ti immagini, con la vescica pronta ad esplodere, su una strada appartata. Ti volti guardingo in giro cercando un angolo riposto nel quale fermare l'auto, scendere e dare libero sfogo ad una prostata prossima all'incontinenza. Ti senti adeguatamente discreto, nessuna scolaresca nelle vicinanze, nessuna fanatica dello joggin pronta a scambiare questa tua naturale esigenza per la più bieca delle esibizioni. La pace, in altre parole, come quella che pregusta chi, non potendone davvero più, non crede ai suoi occhi e trova una pallida aiuola, in un'ansa della strada.

La telecamera, per discrezione, riprende di spalle la scena. Quando l'inquadratura è invasa da sinistra verso destra (la direzione non è casuale) da un auto vagamente bicolore e dall'inequivocabile appartenza sancita da apposite lettere cubitali apposte sulla fiancata (è il nostro senso di lettura, non ci possiamo far nulla)
RONDA PINCO PALLO.

Non c'è molto da ridere. Ognuno può facilmente intuire il tenore del dialogo e le possibili conseguenze.
Allora, memore di questa scena tratta proprio dal film,
auguro stessa sorte ai novelli rondisti.
Non tralasciando di specificare una malevola variante: un tuffo si, ma in un fiume di pipì.

John, John, perchè ci hai lasciato ?


piccolo addendum: il look del "nostrano" ha un che di catozziano (celebre personaggio interpretato da quel cottimista di best seller che è diventato Faletti)

13/06/09

Parco della Vittoria


["Parco della Vittoria", nome di uno dei "terreni" presenti nel gioco, prende il nome da una traduzione adattata dal nome inglese Boardwalk, che si riferisce ad una via realmente esistente nella città di Atlantic City, New Jersey. Il nome italiano è un toponimo comune, ma non si riferisce nel dettaglio ad alcun luogo reale.]
da wikipedia


Parco della Vittoria

È il primo romanzo edito dalla Cletus Production.
E’ scritto da un collettivo di scrittori che ha voluto restare anonimo sotto la sigla, “Abarth 500”.
Si tratta di un affresco del mondo immaginifico, ma terribilmente reale, che popola uno dei topos al quale, nel corso del tempo, sono stati attribuiti significati di lusso e/o glamour.

In realtà, il romanzo che è collocato temporalmente nell’Italia del 2020, si incarica di portare il lettore nella deriva del vivere caotico metropolitano, fra gusti, modi di vivere, relazioni sempre più improntante alla spietatezza, dove ogni residuo di umana compassione e solidarietà è subito represso e sussunto come neppure nel più cruento dei videogame.

Un insieme di personaggi a vario titolo sfrattati da un condominio di lusso, acquistato in blocco da una multinazionale araba, si ritrova, ciascuno dall’alto della sua superbia, vissuta fino all’altroieri, in mezzo ad una strada. Svanite tutte le certezze, evaporate rendite di posizione, costoro mostreranno il peggio di cui sono capaci (e al quale sono stati pazientemente allenati da un’educazione culturale improntata al recupero degli istinti più bestiali radicati nell’animo umano) tentando, con tutti i mezzi, di riappropriarsi delle perdute proprietà.

Non un noir fantascientifico, ma nemmeno una lettura propriamente rilassante. Attraverso l’amaro sorriso che di volta in volta procurano le situazioni più grottescamente esilaranti, piuttosto uno spaccato di ciò che rischiamo realmente di diventare, stante lo sfaldamento dei sentimenti che ci pervade.

07/06/09

Astensione


In proposito, poi andrò a leggere sullo Zanichelli il significato esatto, l'etimologia.
Con riferimento all'elezioni europee, giocherà un ruolo fondamentale.
Fra gli italiani che non si recheranno alle urne (sono tanti e tutti per diversi motivi: sfiducia nel concetto di delega, nausea per il carosello di gossip) ce ne saranno alcuni che non potranno farlo, pur avendone, chissà, voglia.

Alludo ai nostri dieci connazionali sequestrati dai pirati, in quel del corno d'Africa, a bordo di un rimorchiatore dall'emblematico nome Buccaneer.
Si riparano telescopi spaziali, con tanto di passeggiata (o attività extra veicolare, come viene chiamata da quei simpaticoni della Nasa), assistiamo sgomenti al continuo sfornare di diavolerie tecnologiche da tenere in tasca (c'è attesa per il nuovo I-phone della casa della mela, preannunciato per l'estate), abbiamo auto dotate di navigatori cosi accurati che potrebbero competere con una suocera, fra le più insistenti, eppure difronte ad un sequestro di un oggetto certo non piccolissimo tutte le nostre certezze tecnologiche svaniscono. Come nel medioevo.

Le diplomazie sono al lavoro, ci ha assicurato in tv, sere fa, la senatrice Boniver.
Intanto a bordo, ci fanno sapere, devono sopravvivere, con quei climi, con solo mezzo litro d'acqua al giorno.

Chissà se almeno telefonicamente, qualche zelante istituto demoscopico, non li abbia contattati, cosi, tanto per avere l'idea di come diavolo avrebbero votato, posto fossero stati liberi.

a|sten|sió|ne
s.f.
1 CO l’astenersi da qualcosa o dal fare qcs.: a. dal vino, dal fumo; a. dal lavoro, sciopero; a. dal voto, rinuncia ad esercitare il proprio diritto di voto
2 TS dir., istituto che impone al giudice di astenersi in alcuni casi dall’esercitare le sue funzioni per garantire l’imparzialità di giudizio
3 TS econ., rinuncia a consumi presenti per potenziare i consumi futuri o per reinvestire nella produzione i beni risparmiati

04/06/09

Note, di mattina presto, intorno a Gian Arturo Ferrari

Gian Arturo Ferrari









Giulio Mozzi, la “colpa” è sua. Pubblica sul suo Vibrisse, certi post che poi ti fanno mettere in moto da sotto le ragnatele, nei confusi corridoi neuronali che mi ritrovo, dei link ad altre cose, lette magari qualche giorno prima.

E’ successo cosi, che insieme alla lettura del suo post Profitto (vedi link in fondo)., sia poi andato a cercare in rete un articolo che avevo letto sul Sole24ore di domenica 24 maggio. Riproduzione controllata, c’era scritto sotto. Poi l’ho trovato (quasi nella sua interezza) in rete (vedi link in fondo).

Da questo articolo, un link (vedi link in fondo) rimandava ad un’altra intervista allo stesso, stavolta edita sul sito della Stampa, e in margine al Salone del libro di Torino, appena concluso.

Ora, ci sono un paio di osservazioni di Ferrari che meritano una riflessione.
La prima (si trova nell’intervista):

“E la Fiera di Torino serve?
«È come un’enorme libreria, e poi direi che tutto serve, ma in Italia non c’è una vera e profonda campagna per la lettura e in questo senso ci sono molti sprechi»”.


Mi è tornata in mente una cosa detta da Giulio Mozzi ancora nel 2003, nel corso della presentazione di un libro (credo fosse uno dei primi, scritti da una nota blogger) in quel della libreria MelBooks Store, di Roma
“In Italia, contrariamente ad altre nazioni (USA) manca un magazine a tiratura nazionale che parli di libri, che editi racconti, magari di scrittori esordienti”.

Ecco, magari Gian Arturo Ferrari, vista la carica che ricopre (con estremo divertimento, ammette) potrebbe accarezzare un’idea del genere.

In altri termini, trovo buffo che uno dei responsabili di una delle maggiori case editrici italiane, convenga manchi “una vera e profonda campagna per la lettura” non si attivi intorno a questo tipo di idea.

Il modo col quale si “trattano” i libri, prendiamo la televisione, fa perno ancora su una modalità quasi carbonara, da addetti ai lavori. O rapidi inserti nei tiggi (Tg1 con il suo Benjamin e la “finestra” classica di Canale5, con conduttore in poltrona, libro in mano, e difronte a se l’ospite, lo scrittore”. Oppure Fazio, con toni più salottieri (ed efficaci: mi raccontavano amici librai che dopo ogni passaggio le vendite fioccano).

Di sicuro, sul tema, una bella e profonda riflessione non farebbe affatto male (e un briciolo di coraggio in più).

La seconda: (che si trova nel primo articolo citato):
“La debole scienza editoriale è stata travolta dai maremoti emotivi, spontanei e incomprensibili, che hanno fatto nascere i megaseller, giganti da un milione e oltre di copie. E di questi colossali ordigni - i Saviano, i Giordano, i Larsson, le Meyer, i Khaled Hosseini, le Barbery - lungi dal comprendere il funzionamento, non abbiamo neppure ancora trovato l'innesco."

Ecco, un tema affascinante: una di quelle cose tipo quelle che succedono a Fringberger: gli oggetti cominciano a parlare, si dotano di vita propria. E’ l’elemento difronte al quale dottrine di marketing vanno in fumo, si dissolvono certezze: i libri che si dotano di vita propria, che sfuggono all’ansia della previsione celebrata da un marketing onnisciente. Il mercato che si autodetermina, sancendo, da solo, cosa e quanto il “pubblico” vuole leggere.

Come tutte le insubordinazioni (quanto reale o apparente ?) ha tutta la mia attenzione.

Risorse:
il post di Giulio Mozzi: Profitto
L’articolo di Gian Arturo Ferrari sul Sole24 ore
L’intervista su La Stampa a Gian Arturo Ferrari