25/08/12

Hai dato uno squillo e stai per tornare (alla casa del Padre)
















Ciao Neil, fa buon viaggio.

Voglio ricordarlo cosi, in una veste inusuale rispetto al suo aplomb di integerrimo ufficiale di aviazione. Neil Armstrong in uno dei suoi rari momenti di ilarità amava raccontare il significato di una frase sibillina profferita subito dopo lo sbarco sulla luna. La frase era Buona fortuna Mr. Gorsky. Impazziti per tentare di decrittarla, alla fine la spiegazione, a lui attribuita fu che da piccolo
 aveva dei vicini con questo cognome. Un giorno senti la signora rispondere ad una richiesta per una prestazione sessuale inusuale..."te lo farò il giorno che il figlio dei vicini passeggera' sulla luna". La frase poi, stando ad un sito antibufale americano pare fosse poi inventata, e resa nota da un comico americano, come risulta qui (http://attivissimo.blogspot.it/2007/01/antibufala-lunare-buona-fortuna-signor.html). Ricordo di averla letta su una biografia dei dodici uomini che la Nasa ha mandato a camminare lassù, che si chiama (romanticamente) Polvere di luna. http://www.libreriauniversitaria.it/polvere-luna-storia-uomini-sfidarono/libro/9788860520326


http://www.nasa.gov/topics/people/features/armstrong_obit.html

Poligono a cielo aperto















Dice...sei stato tre giorni a NY che cazzo vuoi aver capito di una città ?

Sabato 11 agosto, sulla settima, un homeless di 51 anni brandisce un coltello, è fatto di marijuana, magari ha esagerato. Arrivano i NYPD (New York Police District) come orgogliosamente recitano i loro distintivi, e incuranti del traffico e dei turisti si divertono ad impallinarlo come nemmeno fosse Dillinger. Notare, l'assoluta noncuranza con la quale i “nostri” ingaggiano una sparatoria in mezzo a gente la cui unica colpa è di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come i poveri spettatori della prima di Batman, caduti sotto i colpi di un folle, giusto un paio di settimane prima anche se non proprio a NY city, ma a Denver, Colorado.

Ieri, sotto l'Empire State Bulding. Un uomo che era stato licenziato un anno fa, trova congruo attendere sotto il suo ex ufficio, il direttore che l'aveva mandato a casa. Non appena lo vede, gli spara in testa e amen. Ne nasce una sparatoria, anche qui con diversi feriti fra gli incolpevoli passanti...si dirà, al contrario del povero homeless della settima, costui era armato, oltre che di una pistola, anche di non proprio sane intenzioni tant'è che ha cominciato a sparare a caso ai passanti (stando a quanto ne dicono alcuni organi di stampa), prima di essere “freddato” a sua volta dagli zelanti agenti di cui sopra.

Ora, a me colpisce la naturalezza con la quale si spara. Nemmeno fossero degli emuli di Cechov che ammoniva, in merito all'arte di scrivere racconti, “quando compare una pistola, questa deve sparare”. Il sindaco e le autorità esibiscono il solito biasimo di facciata del giorno dopo. In ogni caso la facilità con la quale ci si procura un'arma rende le cose più semplici. E stante il disagio sociale c'è da credere che la scultura che ho fotografato giusto sotto il Palazzo che ospita la sede dell'ONU sia, come dire, poco più che una pia illusione.

risorse: 
l'esecuzione dell'homeless sulla settima, qui
l'episodio di ieri sotto l'Empire SB qui

07/08/12

Memorial (Down Zero, NY)













Undici, un numero che difficilmente i newyorkesi dimenticheranno. Domenica mattina, c'è un cielo adatto a questa visita. Quelle bianche giornate estive, velate da uno strato di nuvole, che contribuiscono a dare alla luce un colore surreale. Il tempo. Quello meteo e quello scandito dal passare degli anni.

Sono passati 11 anni da quella ferita. Non so quanto ci vorrà a rimarginarla. Jonathan Franzen, chiedendosi come raccontare ad un bimbo che nel 2001 ancora non era nato questa tragedia, suggerisce di prendere a paradigma la storia del cuoco di uno dei ristoranti situati nella vetta di una delle due torri, la seconda.

Avendo assistito all'impatto dell'aereo sulla prima, prese il telefono e telefonò a casa. A casa la moglie non c'era. Era in lavanderia, si quelle a gettone. Provò più volte, senza successo. All'ultima telefonata lasciò detto alla figlia, ditele che la amo.
Ditele che la amo. Hai la consapevolezza che di li a breve non ci sei più. Non hai ancora ben recepito cosa diavolo è successo. Ma conservi la tenerezza di fare una telefonata a casa, per poter dire ancora una volta, forse l'ultima, a tua moglie “ti amo”. Ecco, questa struggente scheggia raccontata da Franzen, sintetizza bene il modo di prenderla, da parte della gente di questa città.

Anche il memoriale, non ha nulla, o poco, della retorica dei monumenti. Minimalista all'ossessione. Lì dove sorgevano le torri, al posto delle loro immense fondamenta, due mega vasche. E l'acqua. L'acqua che scivola da pareti di marmo nero inclinate verso il fondo, dove ancora, al centro, un'altra piccola vasca si incarica di raccorglierla e di risospingerla, attraverso i condotti, dall'alto, per lasciarla scivolare di nuovo dalle pareti, in un moto continuo. L'acqua. Un elemento positivo, la vita. L'acqua che si muove, che non sta ferma per definizione. L'acqua il cui rumore è l'unico che si percepisce, nonostante la gente, gran parte turisti, che affolla quest'angolo di New York che è una sceneggiatura venuta male. La città sutura la ferita. Ai margini un grattacielo, stavolta uno solo, si staglia verso il cielo. Ancora in fase di costruzione. Mancano gli ultimi piani. Come dicevo in uno dei primi post da questo viaggio, una maniera camuffata di stabilire una relazione con Dio.

I nomi, ancora. I nomi di tutte le vittime, uno per uno, incisi sugli spessi parapetti di metallo (sembra ottone, lavorato al laser). I caratteri sono dei vuoti sulla superficie della lamiera. Anche questo, a volerlo leggere, un modo attraverso le parole, per ricordare chi, da quella maledetta mattina, non c'è più. Ma rimane l'amore. Quello si. L'amore della gente che vive in questo angolo di mondo, verso la propria città. La voglia di ricostruire, e insieme, di non dimenticare. Poi, poi, per una volta, si lascia da parte la retorica e si bada, anche solo muovendo i propri passi in quest'area immensa che ha ancora l'aspetto di un mega-cantiere, a capire. Capire quello che è successo. E da lì, ricominciare.


il sito ufficiale del Memorial: qui
Se volete potete scaricare una visualizzazione (rendering) dell'intera area quando sarà ultimata: qui

06/08/12

A caccia di aragoste (NY estate 2012)




















Laboratorio di idee, concentrazione di cervelli o semplice attitudine per il business ?
La cosa funziona cosi: poniamo che tu sia a NY in vacanza. Poniamo anche che tu sia lì residente, abbia il tuo stimato lavoro, prendi la tua metro, percorri i metri (pochi o tanti che siano non importa) che ti separano dalla stazione fermandoti da uno Starbucks qualsiasi e ti gongoli portando per mano il bicchierone cerato con il tappo anti sbrodolamento (non è vero: ci vuole una certa qual maestria, sono stato capace di sporcarmi anche cosi). 

Ecco. Mettiamo che, diciamo verso l'ora di pranzo, tu venga preso da un insopprimibile desiderio di aragosta. Si, quel grande crostaceo il cui costo si aggira su quello per un pieno, in questo periodo, al distributore. Che fai ? Compulsi la prima guida che ti capita a tiro per stimare quanti e a che prezzo sono i ristoranti più vicini in grado di soddisfarti ? Antiquato!

Basta uno smartphone, e una connessione al web (wifi o diretta che sia). Digiti accuratamente un indirizzo (vedi poi sotto) e ti rendi edotto di dove sosta e in che orario un furgone, che dispensa sandwich a base del nobile crostaceo a chiunque abbia la pazienza di intercettarlo.

La trovata pare che funzioni. Una sorta di caccia al tesoro, dove a far leva è l'elemento di marketing dell'interattività. Lo mangi solo se mi raggiungi, e ogni giorno cambia posto. In breve è diventato un fenomeno. Servizi analoghi stanno nascendo anche per altri generi di leccornie. Ma l'idea non è male.



Il sito: (che viene manco a dirlo aggiornato quotidianamente, e ci si puo' iscrivere alla mailing list cosi non si deve nemmeno cercare, te lo dicono direttamente loro, con un email o un sms). (qui)

05/08/12

The blues, o almeno...




















La fretta della partenza ha impedito un'accurata ricerca dei luoghi dove si suona il blues a New York. Il sogno nel cassetto rimane quello di raggiungere Chicago e farsi del male al Mama's Lounge, dove si esibisce almeno un paio di serate a settimana un mio mito Melvin Taylor.

Incurante della massima che recita “mai chiedere consiglio alla concergie di un albergo”, commetto per puro gusto dell'imprevedibilità l'errore. John o come si chiama, ci indica entusiasta il BBKing, a due passi da Time square. Taxi d'ordinanza, consueto traffico, ma ce la caviamo con poco. Davanti al locale, come qualsiasi Procasma che si rispetti, un uomo, nero, in uniforme con le spalline (come quelle dei domatori che hanno tutti fronzoli dorati che dondolano), ci accoglie con un sorriso...dandoci il programma.

Credo di essere uno dei pochi che hanno avuto il coraggio di leggere, per intiero, la biografia di B.B.King...anni fa, durante una vacanza al mare in Calabria. Ho appreso, da quel testo, che il nostro detiene due significativi primati:: è l'uomo (il bluesman, verrebbe da dire) che ha percorso più chilometri al mondo in tournee e il secondo che risulta essere il papà (a ottanta anni suonati) di circa un'ottantina di figli, avuti ovviamente da donne diverse. Ora, il secondo motivo spiega il primo, e questo locale pure.

Entriamo scendendo le scale a elica...arriviamo al botteghino. Una ragazza si sta facendo le unghie (giuro!) e senza nemmeno quasi guardarci ci sibila “Grill or show?” Mi guardo intorno. In effetti ci sono un paio di ingressi. Da uno proviene della musica...dall'altro, odori di cucina e vedo una sala piena di gente seduta ai tavoli. Concerto dico, pago ed entro. L'atmosfera è come quella immortalata in tantissimi film...tanti tavoli, gente che beve e mangia, al buio, e l'unica cosa di illuminato è il palco e un bancone chilometrico dietro al quale cameriere in immancabile gilet rosso su camicia bianca, attendono alle consumazioni degli ospiti che non hanno trovato posto seduti ai tavoli. Fuori, scendendo dal taxi ho intravisto il titolo del concerto...For ever Ray Charles...recita...(mi piace ma non mi fa morire...ammetto) cosi entro un po' prevenuto...sarà la solita roba per turisti. In effetti sul palco c'e' una band composta da una dozzina di elementi. 

Tutto come si deve, per carità...ad un certo punto...al terzo o al quarto brano entrano le coriste...tre donne nere, di altezza (e di età) a scalare che subito accendono la temperatura del locale. Sono al Procasma e non me ne sto rendendo conto, penso...Dopo pochi minuti, e uno chardonnay ben ghiacciato, abbandono tutte le riserve e mi lascio contagiare dal clima generale. Che è di festa...la gente qui è di bocca buona, e costoro sono degli onestissimi professionisti che si stanno guadagnando le rate dei rispettivi mutui...cosa ho da storcere il naso ? Depurata dall'ansia di incontrare dei fenomeni, mi godo il concerto che alterna brani di Ray Charles, in una serie di cover più o meno sapientemente dosate in modo da far crescere il ritmo quanto basta a che le cameriere si diano un grandaffare.

Accanto al mio posto, siedono due ragazzotte. Hanno l'Ipad d'ordinanza e non paghe, anche smartphone con l'inconfondibile template acceso di facebook. Non fanno che bere, e scattare foto, e chattare. Tutto il tempo. Al punto che mi sento di dare ragione, per una volta, ad Umberto Eco del quale ho letto pochi giorni fa un articolo nel quale stigmatizzava quest'ansia di fotografare che poi non ti fa godere ed apprezzare debitamente quello che stai facendo, rimandando semmai il momento ad un “dopo” non meglio collocato, quando mettendo mano ai ricordi digitalizzati si diranno magari...ma che cazzo ho visto quella sera ?

Le ragazze sul palco sanno il fatto loro. Si alternano. Se c'e' qualcosa che mi piace del blues, e di conseguenza del jazz, è il concetto di democrazia che ne è alla radice. C'e' un tema, generale, e poi a turno ogni strumentista si cimenta nel proprio assolo. La più giovane delle tre, oltre ad essere di un'avvenenza notevole...e' dotata di voce da tigre, graffia e si muove con la grazia di un'agile gazzella, magnetizzando il pubblico (sicuramente quello maschile). Valanghe di applausi...Viene il turno dell'assolo del chitarrista (che in un tale gruppo voglio credere non abbia propriamente un ruolo secondario). Lo esegue senza infamia e senza lode...dando prova di qualche scala chissà quante volte provata, dopo di che, lasciandomi incredulo, stecca con una nonchalance che ha del vergognoso...Subito intervengono gli altri strumentisti a coprire il momentaneo flop, validissimi devo dire...A parte questa nota...lo spettacolo dura un'ora, forse un'ora e mezzo. Consueti bis...applausi...poi si riaccendono le luci in sala e la gente comincia a defluire...Tocco finale: siccome ci attardiamo al tavolo...Il cantante scende dal palco e viene a stringere la mano ai pochi spettatori ancora presenti....Sei un grande, gli dico, convinto. Per me vale il cuore che ci ha messo, turisti o non turisti...e in fondo sono stato bene.

Uscendo mi vanno gli occhi a una parete tempestata di locandine. Di colpo mi ricredo su tutto. A scendere in questo procasmino nelle prossime settimane, mesi, c'e' gente di tutto rispetto, Keb Mo, il redivivo George Thorogood, Robben Ford (che ho visto in concerto un paio di volte qui a Roma) e ancora Buddy Guy. Da non perdere, se mai ci sarà un'altra domenica a Manhattan, sabato devo ripartire, l'Harlem Gospel Choir..che sta lì fisso tutte le domeniche alle ore 13,30...(tanto c'e' pure da magnà...accanto...).

Torniamo verso l'albergo. Stavolta i taxi non ci considerano proprio. Mentre siamo fermi un nero simpatico (e scoprirò dopo, leggermente figlio di puttana...) ci chiede se vogliamo un passaggio a bordo del suo taxi risciò...Acconsentiamo e ci godiamo un pezzo del centro di NY a bordo di questo veicolo di certe origini cinesi...Arrivati a destinazione (va detto nemmeno un quarto d'ora) mi sento chiedere il doppio della somma pattuita....”it's for person Sir...” mi dice con la faccia di chi è consapevole di starci a provare. Si, ma tu non me lo hai detto, amico...e gli lascio poco più di quanto richiesto alla partenza...Va via senza nemmeno maledirmi...con un sorriso. Io faccio altrettanto...non ho voglia di incazzarmi. E' stata una serata carina. Da turisti, d'accordo, ma mi sono divertito.

Risorse:
Il sito del BBKING....qui
Il sito della band (Forever Ray) qui


04/08/12

New York, ancora
















Scrivo per non andare a dormire.
Tornato alle 8 locali di sabato mattina. Dormito quasi tutto il volo, grazie anche a potenti barbiturici che hanno avuto la grazia di farmi sopportare le 7h50' del tempo.

Quando stai per avvertire che manca poco tempo al rientro devi tenere a bada la malinconia. Cosi, complice una guida (meravigliosa) sui cimiteri di New York, e l'incrocio con un micro pezzo di Paul Auster sui ritagli di una rivista provvidenzialmente portata dietro, giovedi comincio a fermare dei taxi, in quel di Manhattan, con la prospettiva di guadagnare Green Wood Cemetery a Brooklyn.

Il primo tassista mi guarda come si potrebbe guardare un alieno, bofonchia qualcosa e invita a scendere dalla macchina. Ne fermo un altro. Stavolta accetta. L'uomo è anziano, parla un americano comprensibile, tipico degli immigrati ed infatti durante il tragitto racconta che è rumeno e che apprezza Lobont e la scelta di Zeman che al momento sembra preferirlo come titolare per la maglia di portiere della A.S. Roma.

Senonchè il tassista si sbaglia...deve aver digitato una W di troppo (errore che in USA è fatale: è capace di portarti da tutt'altra parte). E infatti, sebbene l'errore sia valsa la possibilità di vedere the dark side of Manhattan, una sequela di case sgarrupate di Brooklyn come quelle intraviste in Grand Torino (fatale, girando per questa città associare i luoghi ai set dei film più famosi, come la passeggiata con le balaustre e le panchine, con la skyline di Manhattan davanti ad uno specchio d'acqua), alla fine dopo circa un'ora (e una cifra improponibile sui led del tassametro) giungiamo all'ingresso del cimitero.
Avete qualche parente sepolto qui ?
No, gli dico.
Ci guarda attonito.
All'ingresso del cimitero un uomo in uniforme ci chiede chi siamo e cosa vogliamo. Sbandiero la guida e gli dico che sono lì per fotografare le cappelle in art-decò. Stavolta apprezza e mi elargisce, carico d'entusiasmo (non devono essere molti i matti come me che ci vanno per questo motivo), una piantina e un opuscolo con una mappa delle tombe dei personaggi più celebri. Ne conosco appena due tre su una dozzina. C'e' la tomba di Basquiat (famoso pittore) quella di Leonard Bernstain (compositore e direttore d'orchestra) , Samuel Morse, si lui, l'inventore del telegrafo e una serie di gangster. Chiedo al tassista di aspettarmi un'ora. Dietro compenso, accetta e si mette buono buono all'ombra di un grosso albero (va detto che fortunatamente non mancano, vista la giornata afosa), con il motore acceso e l'aria condizionata (“tanto la mia auto e' elettrica” dice orgoglioso). "In 45 anni che sto a New York, non mi è mai capitato di venirci prima, qui". Dice

Beh, il posto è folle. Una distesa di verde, circondata da alberi. Colline su colline lapidi che spuntano dall'erba (curatissima, c'e' tanto personale quanto quello che presiede la tenuta presidenziale di CastelPorziano). La storia. Comincio a scattare, scatto a lapidi le cui epigrafi sono state flagellate dal tempo, rendendo indistinguibili i caratteri. La quiete, manco a dirlo, sovrasta, rotta solo dal rumore del passaggio di qualche camion di servizio che trasporta operai sorridenti, quasi tutti di colore. Passo il tempo, con la piantina in mano, cercando non so nemmeno io bene cosa. La zona delle cappelle, ma che risulta, almeno quella vicino a dove il taxi sta sostando, troppo moderna. Mi inoltro in questo ghota delle anime belle, quasi tutte morte a cavallo del 19° secolo. Alla fine, procedendo per una discesa una vista mozzafiato: un lago con ninfee e fontane al cui limitare si snodano una serie di cappelle che brillano, nei loro marmi bianchi, sotto il sole cocente di mezzogiorno. Fotografo tutto, giro anche con la fedele cinepresa digitale. Uno spettacolo.
Riprendo alla fine, mezzo sconsolato per il poco tempo avuto a disposizione, la strada verso la zona dove sta sostando il taxi, e con lui il tassametro assassino del mio portafoglio. Quando una tomba di una certa famiglia Mattews mi si staglia davanti. Ha i gargoyles, ben 4 agli angoli della sua pianta quadrata. Scatto una quantità di foto. Dettagli, zoom, panoramiche. Uno spettacolo nello spettacolo. Già questa da sola ha meritato il viaggio. Torno, manco a dirlo sudato, verso la macchina. Devo indossare un previdente giubbino antipioggia che ho imparato a portare con me, per entrare ed uscire dai negozi, o anche solo per ripararsi da improvvisi scrosci che nel pomeriggio NY regala.

Stavolta il viaggio di ritorno verso NY è più breve. L'auto ci lascia, non senza aver preteso addirittura la mancia, non pago della lauta corsa, in piena Little Italy. Qui, sul marciapiede è pieno di tavolini di ristoranti italiani. Scendo ancora intontito dall'auto, che essendo stata pagata, lesta se ne va. L'unico stronzo che ho incontrato in questa vacanza, manco a dirlo, un connazionale. A fronte del mio diniego di mangiare da lui, alla stregua di un qualunque cameriere di trastevere, per altro garbato e giustificato...”guardi...non ho ancora fame, sono rintontito, magari più tardi...” pensa bene di apostrofare...in un italiano venato da inflessioni che nemmeno il buon Amendola quando doppiava il Padrino...” ...i soliti italiani senza una lira”. Meritandosi il mio
sarcastico...”Ma quanto costi ? Me te compro a te e tutto il locale!!!”  allontanandosi lesto facendo spallucce. Per inciso, alla fine mi sono seduto ai tavolini sul marciapiede di un altro ristorante, giusto difronte al suo, non senza essermi assicurato di essere visto.


risorse:
un bellissimo sito con le foto dei gargoylles di new york (qui)
il sito ufficiale del Cimitero di Green Wood (qui)
un sito dove è possibile vedere un breve video (durata 6') delle più belle tombe del cimitero (qui)

02/08/12

New York 2,3,4



















1
Ieri passeggiata "doverosa" sulla High line. Il tracciato sopraelevato di una vecchia ferrovia, un nastro di acciaio largo 5,6 metri sospeso ad una decina di metri da terra, lungo un paio di chilometri, completamente rimesso a nuovo e ospitante un giardino pensile. Famigliuole, anziani, alternativi. Da sotto la copertura- sta piovendo- costituita da un'altra ferrovia?- arrivano le note di Henry Mancini (theme of Pink panter) soffiate da un sax, fuori luogo per niente.
Piu' avanti, in un concerto di cantieri, una zona spianata dove ferve l'attivita' di deolizione e ricostruzione. E'un quartiere (l'ex zona dei mattatoi, dove ti aspetti di vedere Rocky andare a prendere le bistecche dal cognato scemo) del quale si stanno impossessando le griffe per farci dei mega store alternativi, in ossequio ad una ossessione bizzarra che vede l'imperativo a vendere farsi filantropo, urbanista, rinascimentale. Se ho i soldi ristrutturo, altrimenti lascio tutto all'abbandono.

2
Su una facciata nuda e imponente di un vecchio edificio scorticato e con a vista l'ordinata trama di mattoni resi neri dal tempo, l'occhio va a un minuscolo cestello sospeso ad un'altezza impossibile, che contiene due poveri cristi che dondolano paurosamente dentro questo cestello sospeso ad un'altezza importante. Stanno posizionando un mega poster che reclamizza il Moet Chandon. Ecco, in un'immagine il condensato di migliaia di trattati sociologici.

3
Il mercante antiquario ebreo (di origini italiane) che condensa in dieci minuti di conversazione la summa dei manuali di tecniche di vendita. Portando il prezzo di un oggetto del quale mi sono innamorato passandoci davanti all'alba in tutte queste mattine fatte di ricerca rabbiosa di espresso quando ancora tutti o quasi i negozi sono chiusi, da circa 2600$ a 1000$ di meno, lasciandomi pero' ancora perplesso intorno alla necessita' dell'acquisto.

4
Il blues. Nel tempio di B.B.King (del quale anni fa ebbi anche il coraggio di leggere un imponente biografia)...Dove la necessita' di mantenere un'ottantina di figli costringe l'uomo che ha fatto piu' chilometri al mondo per eseguire concerti a mettere su un paio di locali, uno emblematicamente chiamato Lucilla grill, prendendo il nome della sua fedele chitarra, l'altro un luogo dove ospitare in una cornice da sagra un locale per lo piu' destinato ai turisti di bocca buona (anche se va detto che in calendario ha nomi di tutto rispetto (peccato per date che mi vedranno dall'altra parte dell'oceano). Un gruppo onestissimo, una decina di elementi dall'eta' media in quota INPS, che si chiama For ever Ray esegue in modo piu' o meno pedissequo il repertorio del mito del R&B, Peccato che il chitarrista, quand'e' il momento del suo a-solo, stecchi come posso farlo io quando inforco la Fender per scacciare la malinconia. Rimane da apprezzare la bravura delle coriste (e l'avvenenza della piu' giovane di queste), insieme con la visita, tavolo per tavolo, del cantante che passa a salutare come fosse nel salotto di casa, gli ospiti che ancora si attardano ai tavoli prima di defluire nel caotico traffico della sera, distribuendo calorosi "God bless you".

5
Scrivo queste note in una mattina freschetta, seduto agli sgabelli di un caffe' (l'immancabile Starbucks) mentre  ho davanti in un unico colpo d'occhio, degli operai intenti al restauro dell'atrio di un importante albergo, la sfilata dei grattacieli e la torre del Chrysler, che a quest'ora riflette il sole dalla sua guglia art deco' bellissima, mentre Jonis Joplin canta dalle casse del caffe'.  Ho raccolto materiale per documentarmi meglio sulla NY dell'art deco'. Mi piacerebbe scrivere una roba semi seria con lo stesso tono usato da Landis per il suo Ghostbusters per rendere omaggio alle decine di gargoilles che ornano i migliori edifici del periodo (che sono tanti). A corredo un bellissimo libro fotografico, una sorta di guida, sui cimiteri di NY, con lapidi ed epigrafi. Se ci riesco oggi ci vado. Chiaro che lascio in camera anche altri due testi, asmacccatamente commerciali, ma che fanno bibliografia empirica, dedicati ai fantasmi di NY. Spero di non trasformarmi in uno di questi.