C'e' crisi, è il ritornello che ci sentiamo ripetere, che ripetiamo a noi stessi tentando, come fosse un mantra, di esorcizzarla.
Eppure. Qualche considerazione su una
tendenza che sta prendendo piede, riguardo al territorio, alla sua
tutela, alla necessità di doverci intervenire non foss'altro che per
manutenerlo.
La mancanza di risorse delle casse
pubbliche, ritarda, annulla, dilazione e intanto l'incuria avanza.
Lesti, si profilano scenari non del tutto tranquilli.
In altri termini, vedrete, sull'onda
dell'urgenza si renderà necessario per tutto ciò che è stato fino
ad oggi pubblico e che diventa giocoforza insostenibile alla luce del
contenimento dei costi e del mancato gettito (vedrete,
arriverà...questione di tempo...) la tentazione di dare in affido a
terzi, leggi: privati, sarà sempre più forte.
Gli enti potranno farsi belli e muovere
a loro parziale discolpa...”...non avevamo soldi...dovevamo
intervenire, cosi (affidandolo a privati) a costo zero il bene rimane
formalmente pubblico ma i costi per risanarlo li ripianano i
privati...”. I quali ovviamente, in ossequio ad un minimo di logica
commerciale debbono trarne il loro adeguato tornaconto.
Non è fantascienza. E' lo scenario
prossimo venturo, il corollario triste che si porta dietro questa
crisi. E qui conviene affondare lo sguardo. Piuttosto che affidarsi
ad una visione fideistica del tutto, la capacità di controllo sulle
effettive ricadute per la collettività potrebbe, da sola, fornire la
barra dritta al timone di questo tipo di operazioni. In assenza, e
qui il pericolo concreto, le logiche “mafiose”...del qualcuno che
è più uguale di altri, che si aggiudica benefici in forza della
mera capacità economica ecco questo diventa il rischio.
Con buonapace del bello, e regalando la
solita versione trita e ritrita del malcostume imperante: il
beneficio di pochi ai danni dei molti.
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