Diciamolo subito. E’ un business.
Intorno a questa “tappa” della vita, sembra che l’epoca
moderna non si sia evoluta come sarebbe lecito attendersi. Oppure no, ne è uno
specchio fedele. Una pratica (dalla quale succhiano soldi diverse figure) e che
va subito archiviata, divenuta merce consumata (leggi: incassato il dovuto,
anche per quest’ultima incombenza) e subito da dimenticare per far posto ad un
altro.
E’ sicuro: si nasce e (prima o poi) si muore.
Questa fase della vita dovrebbe e dico dovrebbe essere
trattata con una grazia maggiore. Per un mix di compassione nei confronti di
chi ci ha lasciato, e nei confronti di coloro, a lui cari, che gli sono
sopravvissuti.
La delicatezza totalmente scomparsa. L’approccio alla
faccenda è quello di una fredda pratica burocratica. Automatismi, logori, e
privi di qualsiasi sensibilità. Eppure non ci vorrebbe poi molto.
Un mio amico fraterno se ne è andato. Tralascio qui ogni
considerazione personale. Ma attraverso l’esperienza diretta che ho potuto vivere
in questo frangente sono giunto alle seguenti conclusioni.
Il Policlinico Gemelli (a maggior ragione si fregia dell’aggettivo
Cattolico) ha una sala mortuaria (pomposamente definita camera ardente) da far
letteralmente schifo. Camerette buie, un che di sporco, colori inesistenti,
prive di alcun decoro (attenzione non parlo di carte da parati e tendaggi in
stile Liberty) ma parlo proprio di tinteggiatura delle pareti, gradevolezza
degli ambienti nei quali i parenti e amici porgono l’estremo saluti ai propri
cari. Lo squallore. Non ho altre parole.
Ma non è un caso, i luoghi tradiscono anche da come sono
attrezzati (organizzati) quello che è la considerazione nella quale sono
tenuti. E’ assodato che un luogo simile, ai margini di un grande ospedale, sia
piuttosto “trafficato”. Pacifico. Quello che traspare, dietro questa assoluta
mancanza non dico di gusto ma di attenzione, è il ritenere il luogo come una
mera discarica. Anche delle emozioni.
Eppure, la morte, in chi continua a vivere, può essere
foriera di un grande momento di riconsiderazione.
Per proprietà transitiva, dal modo col quale rendo
confortevole il momento ai parenti dei defunti, può attendersi una
rivalutazione delle rispettive esistenze. Siamo, quanto a cività dimostrata in
questo caso, a latitudini nemmeno tribali, dove voglio credere il momento della
morte sia trattato con maggiore, ancestrale rispetto.
Qui è il territorio del disprezzo, della noncuranza, della
sciatteria. Basta, sei finito, sei morto, che cazzo vuoi pure una stanzetta
illuminata? Personale appena appena cortese e non dico partecipe (come le
prefiche) ma almeno meno incarognito in un cinismo esibito che ne tradisce la
miseria, l’attitudine alla miseria interiore incapace di considerare pure un
momento come questo, anche solo in misura percentuale, come proprio, nel senso
di appartenenza ad un genere umano, ad un contesto sociale, e sicuramente (qui, nessun
dubbio) destinato anch'esso a sicura fine, foss’anche posticipata.
Quindi vergogna doppia. Un policlinico che si dice Cattolico
e che proprio nel modo col quale tratta la morte (mica una roba da poco: c’e’
tutta una letteratura, chiamiamola cosi, che si incarica di trattare la
faccenda, per evidenti intenti promissori: il paradiso, la resurrezione dei
morti ed altre categorie che tanto hanno dato da scrivere ad illustri esponenti
dell’omonima Chiesa).
Veniamo all’aspetto laico. Quanto a sciatteria non è da meno
(da qui la sconsolata constatazione di quanto sopra: siamo proprio una società
che la snobba la morte, su varie scale di ineleganza, sfumature).
Qui, l’avvento della crisi, ha portato addirittura degli
attenti studiosi del costume a stilare statistiche circa il dilagare della
pratica della cremazione (leggi: assenza di fondi necessari ad acquistare un
loculo). Dalla freddezza statistica di un annuario Istat, e dal conseguente
articolo di costume del giornalista di turno, si passa ad un contatto col
reale.
Il boom (che buffo chiamarlo cosi, trattandosi di un momento
di totale silenzio) delle cremazioni ha fatto si che ci sia anche una lista d’attesa.
Cimitero di Prima Porta. Un’area adibita a questa operazione. I parenti
assistono al trasbordo della bara dal carro (nel nostro caso: un furgone dell’AMA) ad una sorta di
barella davanti ad un cancello che si apre con una frequenza importante (solo
mentre sono rimasto lì oggi, in tutto un paio d’ore, saranno arrivate almeno una
decina di salme).
L’operazione si presta anche a momenti involontariamente
comici. Parenti che si assembrano intorno alla bara, nel momento dell’ultimo
saluto prima dell’immagazzinamento (in genere la cremazione, c’e’ una lista d’attesa,
avviene dopo una decina di giorni circa…) sovrapponendosi ai parenti di un’altra
salma. Un ingorgo funerario, dove ci scommetto, alla fine qualcuno piange
qualcun altro (e qui si riverbera il concetto che la morte di un qualsiasi uomo
è affare che ci riguarda tutti). Ma è tutto per via indotta, sciatteria, freddezza
burocratica, poco più di un fastidio.
Gli operatori, “gente rotta a tutte le emozioni” chissà, devono aver sviluppato un senso del cinismo proprio per sopravvire in un ambiente come quello, come autodifesa intendo, volendo incedere ad una logica assolutoria viziata dal politically correct. Ma è indubbio che sentir sollecitare una giovane donna in divisa "verde-ama" i proprio colleghi con un poco poetico “aho, sbrigamose c’ho tutti i forni vòti” è espressione sicuramente non dico di un mancato corso di perfezionamento ad Oxford, ma proprio dei fondamentali del rispetto altrui, svelando senza troppi infingimenti e in barba ad ogni considerazione poco poco offensiva circa il presunto strato sociale, degli individui poco o per nulla educati e pertanto lecito pensare siano stati messi lì (chissà le pressioni, in fondo è uno stipendio sicuro, un “posto fisso”) senza star troppo a formarli su una categoria come il “tatto”, elemento ritengo più che distintivo in chi si deve relazionare con un’operazione che smuove una cosa come i sentimenti, la fine della vita.
Gli operatori, “gente rotta a tutte le emozioni” chissà, devono aver sviluppato un senso del cinismo proprio per sopravvire in un ambiente come quello, come autodifesa intendo, volendo incedere ad una logica assolutoria viziata dal politically correct. Ma è indubbio che sentir sollecitare una giovane donna in divisa "verde-ama" i proprio colleghi con un poco poetico “aho, sbrigamose c’ho tutti i forni vòti” è espressione sicuramente non dico di un mancato corso di perfezionamento ad Oxford, ma proprio dei fondamentali del rispetto altrui, svelando senza troppi infingimenti e in barba ad ogni considerazione poco poco offensiva circa il presunto strato sociale, degli individui poco o per nulla educati e pertanto lecito pensare siano stati messi lì (chissà le pressioni, in fondo è uno stipendio sicuro, un “posto fisso”) senza star troppo a formarli su una categoria come il “tatto”, elemento ritengo più che distintivo in chi si deve relazionare con un’operazione che smuove una cosa come i sentimenti, la fine della vita.
Quindi, zero totale anche qui.
Con il che si ripete. Non si cercano maggiordomi diplomati
alla gran corte. Ma almeno persone, individui, cui andrebbe insegnato che anche
dalla civiltà con la quale si tratta la Morte, ne discende una cosa che
chiamano qualità della vita. E quella piccola differenza, che nei secoli, è
stata coltivata per arrivare a distinguerci dalle bestie (le quali, ne sono
certo, quanto ad emozioni, gli etologi moderni stanno scoprendo che ne
avrebbero da insegnarci).
PS. Unico, piccolo, segno di attenzione, la presenza di uno
spazio realizzato nei pressi del forno crematorio, inevitabilmente nominato “Il
giardino dei ricordi”, circondato da piante, qualche basso muretto che funziona
da panca, davanti ad una splendida visuale di una vallata non edificata, e da una zona nella quale consentire ai
parenti di raccogliersi e di disperdere le ceneri dei propri defunti. Ma di questo mi occuperò in un altro post.
risorse:
Truffe ai danni dei parenti dei defunti: http://www.corriereromano.it/roma-notizie/1883/informazioni.php
Giiustificazioni dei vertici AMA circa i ritardi: http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/prima_porta_lo_scandalo_delle_sepolture_ama_tutta_colpa_delle_agenzie_aspettano_giorni_per_presentare_richieste/notizie/243969.shtml
Il giardino dei ricordi: http://paesaggiocritico.com/2013/03/06/il-giardino-dei-ricordi-al-cimitero-flaminio-prima-porta-roma/ricordi-3/
risorse:
Truffe ai danni dei parenti dei defunti: http://www.corriereromano.it/roma-notizie/1883/informazioni.php
Giiustificazioni dei vertici AMA circa i ritardi: http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/prima_porta_lo_scandalo_delle_sepolture_ama_tutta_colpa_delle_agenzie_aspettano_giorni_per_presentare_richieste/notizie/243969.shtml
Il giardino dei ricordi: http://paesaggiocritico.com/2013/03/06/il-giardino-dei-ricordi-al-cimitero-flaminio-prima-porta-roma/ricordi-3/
Mi spiace, un abbraccio
RispondiEliminaL'ho sempre detto : meglio non nascere. Non ti perdi niente, credimi. Io ho sempre accusato e rimproverato mia madre (con mio padre non parlavo) per questo. Non ho voluto figli, per carità. Quel cretino del mio ex marito, invece, 66 anni, vive con una di 35, con la quale ha fatto due figlie, una di 6 e l'altra di 5 anni.
RispondiEliminaE' diventato nonno, praticamente, unendosi ad una che potrebbe essere sua figlia....