Ci si è messo anche Crozza. Diciamolo subito: la vicenda di
cui si sta celebrando il tristo epilogo ha avuto nell’interprete principale uno
che ci ha messo pesantemente del suo (e prima il Papa, e poi gli scontrini...).
E’ quanto sconsigliano di fare quelli del famoso Actor’s Studio. Attenersi al copione. L’attore ha voluto strafare. Si è fatto prendere la mano. Fino a che adesso sta facendo la fine di Matt Dillon, tutti via sull’astronave, lasciandolo solo (per quanto ancora? Minuti, ore, qualche giorno?) sul Campidoglio.
E’ quanto sconsigliano di fare quelli del famoso Actor’s Studio. Attenersi al copione. L’attore ha voluto strafare. Si è fatto prendere la mano. Fino a che adesso sta facendo la fine di Matt Dillon, tutti via sull’astronave, lasciandolo solo (per quanto ancora? Minuti, ore, qualche giorno?) sul Campidoglio.
I “fatti”. A volte nel bizzarro modo di proporre candidature
succedono cose strane. Marino arriva alle elezioni contro un Alemanno alla
frutta, forte del risultato di alcune primarie.
Marino è un “absolute beginner” per quanto riguarda la
Capitale, tanto di più (ma qui vado a braccio) per occupare lo scranno non dico
di un qualsiasi comune, ma della città di Roma.
Ora, per coloro che hanno in sorte il vivere lontani dalla
città, il degrado cui si imputa l’inefficienza del Comune è figlio di decenni
di sistematici ladrocinii, col beneplacito di tutte le parti politiche che si
sono succedute alla più alta carica del Comune.
Non ha vita facile, il nostro. Come Matt Dillon dovrà far
forza ad altre sue attitudini ma forse proprio la professione medica deve
averlo indotto a ritenere che l’infezione fosse cosi diffusa da convincerlo a
portare le carte degli appalti degli ultimi anni sul tavolo di un magistrato
appena sveglio e sufficientemente libero da potersene occupare con serenità professionale.
Il resto è storia di cronaca. Nera, purtroppo. Gli intrecci
fra il bisonte amministrativo e la criminalità ci mettono poco a venir fuori.
Si rompe il giocattolo. Marino a dirla tutta non se ne è neppure troppo
vantato. Ma è un dato, oggettivo. Con buona pace di tutti coloro che oggi si
indignano per qualche cena maldestramente “accollata” alla collettività.
Ben altri banchetti, per anni, si sono consumati su quel
Colle. Indisturbati.
Oggi, gli autori di quel “vivi e lascia vivere” che ci ha
portato a vivere in una città mai libera dal giuoco papalino e avvezza, stante
l’indole tipicamente capitolina, a farsi scivolare di tutto addosso. Dai Camion
ristoratori sotto ai monumenti, ai tavoli sui marciapiedi dei ristoranti del
centro, alla lobby dei tassisti, a quella dei vigili urbani (autori
quest’ultimi della celebre "Capondano night fever"), dai gestori della lobby dei
balneari a tante piccole micro categorie di cittadini che prim’ancora che al
bene della città hanno, da sempre, privilegiato i cazzi propri e tacitamente
sopportato chi faceva altrettanto nei loro confronti.
La parabola di Marino, che proprio in forza di questo suo
essere “Marziano” a Roma mai ha goduto della simpatia dei cittadini, è il
simbolo di una sconfitta. L’immarcescenza della logica beghina, bottegaia,
terribilmente provinciale che condanna quella dovrebbe essere la Capitale del
mondo del turismo, ad una dimensione che è insieme lo specchio
dell’arretratezza, del perdurare delle logiche di caseggiato,
dell’improvvisazione, quando non del malaffare vero e proprio.
Applausi allora. Il digiuno sta per finire, le fameliche
bocche di tutte queste categorie, appena scalfite (invero avrebbe potuto fare
molto, ma molto di più) potranno a breve riprendere a mangiarsi Roma, o ciò che
ne rimane.
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