Dopo le dimissioni di Totti, qualche riflessione.
Ieri, 17 giugno si è consumato in circa 80 minuti di
conferenza stampa l’addio di Francesco Totti dalla AS Roma.
A caldo, c’è qualcosa che non torna.
Diamo per acclarato l’intento
di business del Presidente James Pallotta. In una logica aziendale, se le cose
che ha affermato Totti ieri sono vere, qualsiasi responsabile di una società
(non dico quotata in borsa ma appena appena capace di galleggiare senza voler “portare
i libri in tribunale”) due domande dovrebbe farsele.
Analizziamo i risultati, mettendo da parte un momento quanto
detto ieri da Totti. La Roma ha combattuto per anni in posizioni di vertice sia
nel campionato “domestico” che nelle coppe, arrivando a lambire la finale nella
scorsa stagione. Il management (immagino scelto dalla Presidenza) ha toppato la
campagna acquisti-cessioni svilendo la squadra e prendendo giocatori non
indicati dal tecnico (l’ex CT Di Francesco). Il giorno dopo l’eliminazione
dalla Champions “sono volati gli stracci”. Via Di Francesco (colpevole di
cosa?) e via Monchi (qualche responsabilità dovrebbe averla…) si è pensato che “stavamo
bene cosi”. Tutti gli altri al loro posto. Se esiste un criterio di
responsabilità, andava visto anche il ruolo di chi ha avallato e chiamato
queste figure (soprattutto quella di Monchi) a gestire un giochino che è andato
male.
Prima anomalia: si “sacrificano” queste due figure e ci si
illude che tutto torni a posto. Strano no? Chi ha avallato la campagna
acquisti-cessioni? Chi ha deciso che andasse cosi?
Torniamo a Totti. Ieri ha detto che il tecnico (Di
Francesco) aveva indicato 5 giocatori. Ne sono arrivati altri, non richiesti. Anche
qui, chi ha “deciso”?
In una logica puramente economica. Alla luce di quanto
sopra, qualsiasi altra società avrebbe preso delle decisioni importanti,
azzeramento dei vertici e rinforzo immediato della squadra per continuare a
mantenere un “ranking” e un prestigio anche in vista dell’affaire-Stadio.
Lo Stadio. Da notizie di stampa, se mai si facesse, questo
sarebbe comunque di proprietà del presidente James Pallotta e la società AS ROMA, “costretta”
a pagare l’affitto ogni volta che dovrebbe utilizzarlo. Una questione non da
poco. Il che vuol dire che forse, non ho idea di quanto “chieda” il CONI per l’affitto
dell’Olimpico, ma sarebbe carino valutarne la reale convenienza (tenuto conto
degli annessi e connessi: centro commerciale, centro direzionale ecc.). Citando
solo di striscio che le inevitabili polemiche (e inchieste giudiziarie, inchiesta
“Parnasi & Co” hanno portato alla luce: dialoghi surreali fra tecnici che
si interrogavano sull’ampiezza degli svincoli dai quali accedere all’area dello
Stadio e taglio drastico delle opere “a beneficio della collettività” volute in
forza di un malinteso senso di convenienza…ossessionati solo dal contenimento
delle volumetrie…ma questa è un’altra storia.
La domanda è: ma Pallotta ci fa o ci è? Tenere al loro posto
coloro che ieri Totti ha amabilmente descritto come incapaci è segno di un
sostanziale menefreghismo sulle sorti sportive della Società o frutto di una
lungimiranza cosi acuta che ai più tuttora sfugge? L’unica modalità scelta da
costui è stata una lettera all’indomani del recente “addio” di DDR (del quale
stiamo ancora aspettando la querela promessa al giornalista di Repubblica che
ha pubblicato indiscrezioni non proprio esaltanti nei suoi confronti).
Il comunicato di poche righe emesso ieri sera, non sappiamo
se a firma sua o ispirato dal “board” è ancora più surreale se possibile.
Arrivando a definire “fantasiose” le affermazioni di Totti circa un suo
possibile ritorno in caso la proprietà del club passasse di mano, e usando (strumentalmente) l’aggettivo “delicato” per
l’argomento citando “fuori tempo massimo” la quotazione in borsa.
Si è detto che questo è il calcio moderno. Una torta che
muove una quantità stratosferica di soldi. Difficile stornare la logica del
tornaconto economico dalle sorti sportive (risultati) di una squadra.
Detta ancora più semplice, quando Ranieri portò allo
scudetto il Leicester la parola più abusata fu “favola”. Ecco, nel calcio
europeo questa parola assume tutto il suo significato semantico. Riuscire con
pochi mezzi, con una squadra di provincia a “sbancare” un campionato come
quello inglese dove ci sono squadre i cui presidenti dispongono di risorse
finanziarie “illimitate” (emiri) è davvero una Favola.
Su tutto il resto conta l’assetto che queste grandi squadre
si sono date, negli anni. Vere e proprie macchine da soldi. Attorno alla
compra-vendita dei diritti tv, al giro delle scommesse, al merchandising girano
cifre imponderabili.
La AS Roma, e qui un altro “metro” della statura del suo
management, fino ad un paio di anni fa era 17esima nella classifica delle
squadre italiane per introiti dal merchandising. Anche la definizione di uno
sponsor ufficiale ha avuto un travaglio difficile. E’ lecito aspettarsi che da
ieri l’appeal del “brand” AS ROMA,
avendo perso (e in che modo) un’altra sua “bandiera” sarà ancora più
drammaticamente legato a risultati sul campo che, oggettivamente, non sono come
si dice “alle viste”.
Una squadra da rifondare, un monte ingaggi da rivedere (alla
luce dei mancati introiti derivati dall’eliminazione della Champions) qualche
altra “dolorosa ma inevitabile” cessione in ossequio al “fair play finanziario”
(e patetico averlo citato da parte di Pallotta come argomento a sua discolpa
nella prima lettera ai tifosi inviata dopo l’addio di DDR).
Cosa ne sarà adesso? Purtroppo, anche a voler interpretare
il comunicato di ieri sera in risposta alla conferenza stampa di Totti, non c’è
molto da aspettarsi.
Un arroccarsi sulle proprie posizioni, una mancata presa di
coscienza della realtà che anche alla luce del conto economico (posto sia
questo l’unico argomento “sensibile” a Boston) non torna. Incapace come è di
interpretare i sentimenti di una piazza (di una tifoseria) mai cosi apertamente
ostile da quando ne hanno assunto la direzione.
E’ questo il punto da chiarire, se prevale la logica
ostinata del tornaconto economico, qualsiasi Presidente da ieri ne avrebbe
dovuto prendere atto e cominciarsi a preoccupare seriamente dei “disastri”
combinati dalla dirigenza, o (ed è lecito sospettarlo) ha garanzie che a noi
non è dato sapere, circa la realizzazione dello stadio, che travalicano
qualsiasi “deleteria” conseguenza delle parole di Totti. In ogni caso un quadro
a tinte fosche dove anche le parole in libertà di Totti ieri, per tacer dell’affaire
DDR, di certo non contribuiscono a smuovere niente. Con buona pace di noi
tifosi rassegnati a vederci spogliare, uno ad uno, le figure più
rappresentative della società. Soldi ed affetti. Ragione e sentimento.
A Boston, evidentemente, non stanno a cuore né l’una né l’altro.
#dimissioniTotti #ASROMA
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