Anni fa, credo si chiamasse L'esercito delle dodici scimmie, poi più tardi anche ne Io sono leggenda, diversi registi
immortalarono nei loro film alcune sequenze ambientate in un contesto urbano
(quasi sempre post qualche cosa, atomico, catastrofe naturale, inondazione ect)
animali definiti esotici.
Le scene sono
suggestive. Zebre, leoni, elefanti, gazzelle a passeggio (non si sa quanto
atterrite) per la quinta avenue, cosi come nemmeno il miglior dadaista avrebbe
immaginato fare.
Le ho sempre trovate
affascinanti. Sono la quintessenza della confusione. Animali che siamo abituati
a considerare nei loro habitat, in genere molto diverso dal nostro, che con la
loro semplice presenza all’incrocio di una strada circondata da palazzoni, si
incaricano di squinternare le nostre certezze.
Idem per la recente
triste storia della giraffa scappata da un circo nei pressi di Modena. Le
scene, girate dal cameraman che è in noi (leggi, individuo umano, razza bianca,
mediamente acculturato e comunque in grado di azionare tempestivamente i
comandi del proprio, inseparabile, telefonino per girare un filmato al
momento), sono di una crudezza unica.
Ancora, ma con minore
effetto (probabilmente a causa delle dimensioni) la frequente notizia di
ritrovamento di specie di rettili piuttosto rare, abbandonate sui marciapiedi
di periferia da qualche collezionista pentito, che forse a causa della crisi
trova impervio garantire al serpente il pasto di cui nemmeno lui è sicuro.
Eppure c’e’ qualcosa di
istruttivo in tutto questo. Almeno per me. Si tratta della capacità di pensare
al nostro habitat in modo meno monolitico. Avere, grazie a queste sequenze, la
possibilità di leggere nel contrasto fra un essere vivente e il paesaggio che
ha intorno, l’inadeguatezza dell’uno e dell’altro.
Gli astronauti vivono
per lunghe porzioni di tempo in spazi angusti. Si adattano. Anche le bestie che
portiamo a far vedere ai nostri bambini negli zoo, o (peggio) ai circhi. Ma per
un attimo, osservando la corsa disperata della giraffa di Modena, siamo lì
tutti a chiederci (senza saper trovare una risposta) “chi è fuori luogo ? Lei o
noi ?”.
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