Azzardo un paragone. Fare buona televisione, giornalismo
televisivo, è come saper scrivere bene.
Da qualche settimana il lunedi sera va in onda su Rai3 un
programma che si chiama “I dieci
comandamenti”.
Di cosa parla? Non parla. O meglio, parla pochissimo. Lascia
soprattutto parlare le immagini, le voci dei protagonisti. Il conduttore (che
comunque c’è e si chiama Domenico Iannacone) è discreto. E anche se appare
talvolta davanti alla telecamera, è come un buon scrittore: resta alle spalle
della scena. Metaforicamente.
I temi: in genere sono scomodi. Ha il pregio di mettere gli
occhi lì dove non vogliamo guardare.
Scorsa settimana c’e’ stato un lungo servizio (composto da
tanti, piccoli, micro servizi) sulla condizione degli immigrati nelle campagne
di Rosarno, in Calabria. Ieri sera ha riportato a galla (con tempismo davvero
macabro) la storia di una ragazzina barese (Palmina Martinelli credo si
chiamasse) che fu arsa viva anche lei come la povera sedicenne calabrese di
qualche giorno fa.
Sono storie “dure”. Ma necessarie. Nessuno è obbligato a
vederle, divertendosi come meglio crede con i soliti teatrini dei talk-show
politici che, almeno ai miei occhi, hanno fatto il loro tempo, esaurendo qualsiasi tipo di interesse. Ma è questa la televisione che apprezzo.
Camera in spalla, commento scarno o quasi del tutto assente, e
grande protagonista l’immagine, la voce dei protagonisti, le storie.
C’era Goffredo Parise
che scrisse un reportage su un suo viaggio in Africa (Congo, credo di
ricordare). Anche lì, grande capacità di “rendere”. Prosa asciutta, scriveva
per immagini. Senza compiacimenti o auto-indulgenze.
Una dote, considero questa, rara nel panorama del
giornalismo italiano.
link: al sito della trasmissione.
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